24 febbraio 2008

La danza della salvezza

"Aline ballava per la millesima volta la danza della salvezza e della perdizione, le mani sinuose disegnavano nell’aria gesti rituali mille volte ripetuti, e la gente distratta non capiva quanto destino e futuro contenevano” (Stefano Benni, Un volo tranquillo, da “La grammatica di Dio”, Feltrinelli 2007.

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Quando salgo su un aereo non manco mai di osservare la danza della salvezza e della perdizione.

Mi incuriosisce e intenerisce l’hostess che con pazienza monacale ripete e mostra le procedure di sicurezza. Lo sguardo perso nel vuoto ma il gesto armonioso. Quasi un mantra.

Muove alternativamente le mani guardando avanti a sé, con grazia indica gli sportellini bianchi da cui dovrebbero scendere le misteriose maschere ad ossigeno, il movimento delle braccia - quasi una nuotata a rana - per mostrare le uscite di emergenza anteriori e laterali. Il giallo giubbotto gonfiabile, che vi assicuro che esiste, perché l’ho toccato una volta sotto il sedile. Il fischietto in cui non soffiano mai sul serio.
Il gesto secco con cui serra la chiusura della cintura, lontanamente bondage.

E sempre cerco l’hostess che tra cento altre, dopo chissà quante migliaia di ore di volo, sembra farlo ancora con convinzione. Quasi fosse possibile immaginare che quel gesto - ormai spesso teletrasmesso in sua vece da uno schermo basculante tremolante e fuori fase – possa ancora risvegliare l’attenzione di qualche passeggero. Qualche novizio. Qualche dodicenne entusiasta al primo o secondo volo. Qualche pendolare troppo stanco per sollevare il libro o il giornale.

Oppure mi piace pensare che, nonostante la ripetitività, ci sia narcisismo e desiderio di mostrarsi davanti ai passeggeri.
Una casta danza erotica dai gesti moderati e per questo più sensuale.

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Ma i voli riservano anche altro.
L’altro giorno sono stato preso di sorpresa quando, dopo il primo volo Alitalia senza ritardo degli ultimi tre anni, mi sono visto porgere dalla hostess più carina un formulario su cui annotare il gradimento del volo.
Diabolici. Mi aspettavano al varco. Da mesi tenevano questi moduli nascosti tra i loro tramezzini rancidi, pronti a distribuirli a raffica al momento giusto. Erano anni che non osavano neppure toccarli quei moduli. Invece questa volta si sono portati a casa un massimo dei voti in quasi tutte le categorie (tranne un 1 a quella del cibo, per Dio!).
Anche il mio vicino ci è cascato. E i due bamboccioni dietro.

All’uscita l’hostess mi ha fatto un sorrisone d’intesa. Non saprò mai se era il sorriso d’ordinanza o se era per prendermi per il culo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Non ci sono cazzi: sei un genio!

Arimondi ha detto...

Troppo buono caro amico. So che sei affaccendato in altre vicende telematiche anche un po' più concrete di questa e quindi mi fa piacere sapere che ogni tanto passi di qua.