27 novembre 2006

Corsia preferenziale e sentimentale

Ci sono canzoni che ti capitano tra capo e collo, anzi direttamente sul timpano, mentre pratichi lo shuffle tornando a casa, tra Afterhours e Attacchi Frontali

(Strano, solo musica italiana nel mix casuale di stasera)

Canzoni che non sapevi esistessero, nascoste dentro al CD regalato da una persona cara e che per uno strano incrociarsi di priorità e di mancanza di tempo non avevi mai ascoltato.

Una di queste canzoni è Gildo di Giorgio Gaber, scoperta stasera all'uscita della metro.

Canzoni che ti piombano in una realtà che avevi rimosso ma che non hai dimenticato, canzoni che ti fanno rivedere volti lontani, che hanno nomi ma non cognomi. Remo.

Volti legati a qualcosa di molto fisico e la cui memoria fa male, ma fa anche sorridere. Perché adesso che ne sei fuori, sai che grazie a loro forse hai imparato anche a “saltare il piano”.

19 novembre 2006

Occhi al cielo

Per chi come me ha avuto l'adolescenza (e il resto dell’esistenza) segnata nel bene e nel male dalla musica, in particolare dal rock, è sorprendente osservare un giovane preadolescente come mio figlio appassionarsi a qualcosa di non trasgressivo, che non manifesta rifiuto verso il "potere" degli adulti e che anzi, ha tutti i crismi del “corretto", dell’ecologico, incontestabilmente integrato: il Birdwatching

La musica servì per affermare che dentro di me c’era qualcosa di “altro” rispetto all’educazione che avevo ricevuto, che c’era un “individuo” dietro alla faccia di ragazzino brufoloso protetto dai genitori. Sono meccanismi molto noti. Con il rock, con il punk, con l’immagine di trasgressione che questa musica offriva, con la possibilità di farla, cominciai a frequentare il mondo là fuori, con l’illusione che fosse “cosa mia”.

Certo, l’adolescenza dei miei figli è ancora dietro l’angolo ed è facile immaginare che troveranno altri modi trasversali per esprimere la loro voglia di crescere e di esser unici opponendosi all’ordine genitoriale. Lo faranno sorprendendomi, sicuramente.

Viceversa oggi la certezza è che ancora una volta imparo qualcosa da loro, capaci di trasmettermi l’energia di una nuova scoperta, cristallina e pienamente condivisa.

Dopo una domenica passata insieme ai ragazzi di Torino Birdwatching, un gruppo di birder di età compresa tra i 16 e i 40 anni, rimango affascinato di fronte alla leggerezza e purezza di questa attività, che mette in pratica il rispetto per la terra (e l’aria), non ha controindicazioni (neanche l’influenza aviaria, visto che si chiama birdwatching e non birdtouching), non protesta rumorosamente contro alcuno, non sfodera buffe masse muscolari né debordanti tanga con tatuaggio su natica, non pretende di vincere alcunché e invece si diletta nel produrre dettagliati elenchi di avvistamento, gioisce per la visione di tre Pivieri Dorati e per l’inaspettato passaggio di centinaia di gru a causa dell’improvviso abbassamento della temperatura del 1 Novembre scorso (foto © Mario Bocchi).

Io che non so distinguere un fringuello da un passero, mi ritrovo a inchiodare l’auto in mezzo alla statale all’urlo di mio figlio che annuncia che sul fiume parallelo alla strada è apparsa una Nycticorax nycticorax, cioè un Nitticora, cioè una specie di airone tozzo e un po’ gobbo.

Ma spesso sono ricompensato con visioni di questo tipo.

Giorni fa parlavo con un amico che sosteneva che per un adolescente oggi fare birdwatching può facilmente essere più trasgressivo della frequentazione del rock. Come se la Natura fosse molto più cool del ormai classico sex, drugs & rock’n’roll.

L’argomento è stimolante e apre un discorso molto ampio sulla capacità oggi da parte della musica di colpire la fantasia delle nuove generazioni. Ma di questo magari vi ammorbo un’altra volta.

Per quanto riguarda il mio piccolo, per distinguersi dal babbo rocker eterno adolescente potrebbe sempre rischiare di diventare un seguace del Twitching, versione competitiva, un po’ fanatica ed estrema del birdwatching.

A me non resta fargli ascoltare Surfin' Bird dei Cramps, sperando in un rigurgito di “sana” e sonica ribellione adolescenziale.

16 novembre 2006

Cinque


16 Novembre 2001

12 novembre 2006

Freddo Sporco negli Ottanta

Come scrive Tommaso Labranca nel suo Il piccolo isolazionista (Castelvecchi, 2006) (courtesy Franco), il messaggio che il Synthpop dei primi Anni Ottanta - da lui definito il Freddo Pulito degli Anni Ottanta - lanciava ai piccoli seguaci adolescenti, chiusi nelle loro camerette, era: "Uscire da qui per raggiungere l'orizzonte. E superarlo" (p. 65). Il suono era linare, sintetico, spesso glamour. New Order, Depeche Mode, Tears for Fears per intenderci. Il tono era dettato dall'eleganza e dal distacco ed è il sound da cui si sviluppò in seguito tanto British pop da classifica.

Al contrario, il messaggio di noi altri che frequentavano (anche noi nelle nostre camerette) il Freddo Sporco degli Anni Ottanta era: "E' inutile che ti agiti, tanto non c'è futuro".
Era un suono le cui trame erano intessute di rumori elettrici, sporchi e sudati e il tono era il nero, un nero essenziale e radicale. Joy Division, Wire, Television. Poca classifica (e molto snobismo).

Fu forse questo estremismo eccessivo unito ad una vena caratteriale realista a salvare noi "Freddi Sporchi" da quegli Anni Ottanta o solo l'essere nati in una famiglia borghese e protettiva?

E poi, siamo davvero salvi?

photo © The Button Museum 2002

03 novembre 2006

Cervelli in fuga

Frequento da lettore il blog del sito di Sergio Messina aka Radio Gladio da circa un anno, benché conosca Sergio da molto più tempo. Lui è uno che ha sempre il cervello acceso, capace di instillare il dubbio nelle certezze apparentemente più solide, senza il timore di essere scomodo e provocatorio.

Si può essere spesso d'accordo con lui, altre volte si può dissentire radicalmente; a volte lo si ammira per l'acutezza e spietatezza con cui è capace di liquidare la stupidità con una battuta sferzante, altre volte magari si rabbrividisce sapendo quanto le sue parole possano creare scompiglio nell'ordine costituito, a volte anche nel tuo ordine costituito, sia reale sia psicologico.

Da qualche giorno ha scritto che probabilmente lascerà l'Italia perché non ha trovato la possibilità di dare sbocco alla sua proposta intellettuale. Al contrario, altri luoghi d'Europa si dimostrano più ricettivi.

Questa per me è una brutta notizia, una brutta notizia per la cultura italiana, e non solo quella underground.

E' un ulteriore segnale di come vanno le cose qui da noi. Ricercatori restano precari tutta la vita senza poter svolgere liberamente il proprio lavoro, intellettuali brillanti emigrano altrove, strutture sempre più ingessate, poca lungimiranza, paura diffusa.
Anche Beppe Grillo dà pesanti segni di cedimento.

Quindi? Quindi eccoci qua a tenere botta. Cominciando a coltivare in sé, lentamente, la coscienza che si deve poter far qualcosa. Magari nel piccolo, magari cominciando dal proprio universo di conoscenze. Trasmettendo messaggi ai figli, per esempio, o parlandone con chi condivide questi pensieri. Certamente accettando l'instabilità come stimolo per il cambiamento.

Solo ottimismo? Forse.