10 aprile 2013

Entropia




Volevi essere pagato perché avevi qualcosa da dire, ora che ce l'hanno tutti puoi stare zitto per favore? 
La pista anarchica, Ministri
Milano, Alcatraz, 21 Marzo 2013

Google Maps, Napoli
L'intruso

21 agosto 2012

Pur che se ne parli


Qui non si fa nulla, nulla, se non si fa chiasso. Bisogna essere discussi, maltrattati, levati in alto dal dolore delle ire nemiche. Il parigino non compra quasi mai il libro spontaneamente, per un sentimento proprio di curiosità; non lo compra che quando gliene hanno intronate le orecchie, quando è diventato come un avvenimento di cronaca del quale bisogna dire qualcosa in conversazione. Pur che se ne parli, comunque se ne parli, è una fortuna. La critica vivifica tutto: non c'è che il silenzio che uccida. Parigi è un oceano, ma un oceano in cui la calma perde, e la burrasca salva. Come si può scuotere altrimenti l'indifferenza di questa enorme città tutta intenta ai suoi affari e ai suoi piaceri, ad ammassar quattrini e a profonderli? Essa non sente che i ruggiti e le cannonate. E guai a chi non ha coraggio!

Non è un'"acuta" osservazione da piccolo moderno comunicatore di massa, ma una lettera di Émile Zola a Edmondo de Amicis, risalente più o meno al 1879.
Zola aveva lavorato da Hachette e aveva imparato presto come vendere i propri libri.

Ma dopo quasi 150 anni, l'industria culturale di oggi usa ancora gli stessi strumenti "promozionali" e non è ancora riuscita a trovare nulla di meglio di fare chiasso per far parlar di sé.

Il silenzio uccide, quindi ammettiamo qualsiasi nefandezza comunicativa, purché se ne parli.

01 luglio 2012

Laurel Canyon a Milano

Foto © Arimondi



L'altra sera prima di cena ho assistito ad un piccolo evento magico.
Jonathan Wilson si esibito per uno sparuto gruppo di fortunati in un piccolo locale di Milano, il giorno prima dell'unica vera data italiana a Lucca.

Appena imbracciata la chitarra, accompagnato da Omar Velasco alla seconda chitarra e da Jason Berger al Mellotron, ha spalancato un mondo acustico di magia e bellezza curata.

E' stato un piacere ritrovarsi perduti in un'atmosfera West Coast proiettata nel 2012 senza poter mai poterne definire le influenze precise; che pure ci sono, da Neil Young a David Crosby, a Gram Parsons, ai Buffalo Springfield, alla Band e ai Quicksilver. Quasi che Wilson sia stato generato in questo brodo primordiale e da qui sia partito per elaborare le sue canzoni.
Ma Wilson - stimato produttore - è permeato anche di cultura musicale europea e a volte propone giri di chitarra che sono molto più Pink Floyd o Radiohead che californiani (come in Natural Rhapsody).

Le versioni acustiche non sfigurano rispetto a quelle più elettriche dell'album Gentle Spirit, anzi guadagnano intensità e calore, dando grande peso alla voce di Wilson, sorprendendo per la cura dei dettagli.

I pezzi - come dice un amico -  "respirano", non sono cioè costretti nella forma canzone, ma lasciano spazio a frequenti cambi ritmici e armonici che rendono l'ascolto dell'album ancora una sorpresa e l'esperienza live altrettanto intensa.

Il fatto che la scaletta sia sta solo di cinque-sei pezzi (causa l'incipiente partita Italia-Gemania) ha limitato nel tempo il piacere ma ha forse reso l'evento ancora più speciale.


Qui di seguito in versione elettrica:






30 giugno 2012

Cieli d'Europa, ora di punta


Flightradar24 è uno sito web dove vengono tracciati in diretta - grazie ad un gruppo di circa cinquecento volontari - i voli europei.


In pratica, un utilizzatore che si collega al sito, conoscendo il numero un qualsiasi volo aereo, lo può seguire dal decollo fino all'atterraggio, visualizzandolo in diretta e in movimento sulla mappa satellitare di Google.

Unica condizione è che l'aereo sia di dotato di transponder ADS-B, tecnologia di controllo del traffico aereo.
Ad oggi, circa il 60% dei voli di linea lo sono.

Quella raffigurata qui sopra era la situazione dei voli alle 12:22 di un qualsiasi giorno infra-settimanale.

L'autostrada Milano-Brescia appare meno trafficata.

17 giugno 2012

Tris di Triennale

Tre ottimi motivi per andare alla Triennale di Milano in questi giorni.

- Mostra sul Kitsch a cura di Gillo Dorfles.
Il critico,  dopo averci istruito negli Anni Sessanta su quanto fosse dannoso esteticamente (e ideologicamente) il fenomeno del kitsch nella vita e nell'arte - senza poterne frenare neppure per un attimo lo strisciante avanzare-, a distanza di quarant'anni ammette abbastanza candidamente che siamo ormai immersi nel kitsch quanto un bimbo prima di nascere lo è nel liquido amniotico.
Insomma il kitsch è tra noi e probabilmente lo siamo anche un po' noi, senza forse accorgercene.
Mostra del kitsch nell'arte, ma anche collezione spassosa di oggetti kitsch da collezione.
Degni da citare l'estremo Rudy Van der Velde (vedi immagine a lato) e l'ironico Corrado Bonomi.

- Commovente poster murale contenente 44 foto di Grégoire Korganow intitolato Pere et fils. La semplicità di un padre e di un figlio che si abbracciano replicato quarantaquattro volte, con il sentimento paterno e filiale amplificati dalla intensità del ritratto.
Argomento non comune, trattato con grande sensibilità.

- Mostra fotografica di Ugo Mulas intolata Esposizioni. Dalle Biennali a Vitalità del Negativo.
La fortuna di essere stati nel posto giusto al momento giusto, con la macchina fotografica giusta ed un immenso talento artistico e comunicativo. Duchamp, Rauschenberg, Giacometti, Severini, Fontana solo per citare i più importanti, ma soprattutto la gente, la tanta gente che ammira l'opera d'arte esposta e che Mulas immortala con il suo bianco e nero sgranato.
Ammiro molto l'opera di Mulas, secondo me tra le massime espressioni del giornalismo fotografico degli Anni Sessanta e Settanta.

L'iPad e i pupi

La tristezza al ristorante nell'assistere allo spettacolo dei genitori che piazzano il figlio di fronte all'iPad mostrandogli i cartoni animati.

Non sarebbe meglio mostrargli la meraviglia di luoghi e di persone che li circonda?


Foto di umpcportal

10 giugno 2012

C'è scuola e scuola

A volte bastano poche righe - in questo caso illustri - per definire una buona scuola.


Giulio Giorello a proposito del Liceo Berchet di Milano: "Finito il biennio del Ginnasio, ebbi l'occasione di conoscere alcuni professori veramente in gamba. (...) un altro era don Luigi Giussani, che certo non aveva il temperamento di Don Abbondio, ma era un ispirato docente di religione, così bravo che ancora oggi lo ringrazio di avermi fatto diventare ateo." (pag. 30)

Autori vari, B11 Berchet 1911-2011, 2011, 606 pagg.

01 maggio 2012

La Nuvola



Giusto per rimarcare l'evento.
Oggi Primo Maggio 2012, la mia library musicale si sta trasferendo sulla nuvola.
Le immagino tutte lassù, le "mie" canzoni, pronte ad accarezzarmi l'orecchio in qualunque luogo io mi troverò. Accanto a milioni di altre canzoni, depositate lassù da migliaia di altri ascoltatori appassionati. 


Nessun sa con precisione a cosa porterà questo cambiamento in termini strettamente musicali.
Questo tipo di cambiamenti sono sempre lenti, ma si può pensare che l'ubiquità della musica - inimmaginabile anche solo fino a dieci anni fa - inciderà anche sul modo di farla, di produrla e di commercializzarla.


Senza dimenticare che, oggi Primo Maggio, posso scrivere di ciò anche perché, per fortuna, io un lavoro per ora ce l'ho.

04 aprile 2012

Diritto al lavoro. Ma lontani da mammà

Cosa è più logorante per un giovane che guarda oggi al suo futuro nel mondo?


E' logorante studiare sette camicie per sperare di trovare lavoro dopo diciotto anni di fatiche?
Per poi ancora agitarsi per (forse) finalmente trovarlo?

Ma non è forse più logorante per i figli sopportare la vista quotidiana di questi genitori che affannosamente si agitano intorno e si agiteranno tutta la vita per poter dare loro una prospettiva migliore?
Può un ragazzo convivere con il fardello e la pressione di questa attenzione quotidiana? Una piccola goccia acida che rimbalza su ogni atto della vita quotidiana. Una specie di punizione ultra-terrena da cui non può fuggire. Un catalizzatore di sensi di colpa e di impotenza.
Questa attenzione, questa ossessione del futuro, maledettamente disinteressata; obiettivamente indispensabile. Eppur mai veramente richiesta.
Conferenze scolastiche, seminari di associazioni di volontariato, trasmissioni dedicate, blog in rete, cene tra adulti in cui l'argomento regna sovrano. Il tema è sempre lo stesso: il difficile futuro dei giovani.
Non stupisce che alcuni di questi, esausti e smembrati, rimangono per sempre avvinti come in una tossicodipendenza nel mondo di frutta candita dei genitori che si agitano per loro, rimanendo per tutta la vita dei mantenuti.

E se invece il messaggio che loro vorrebbero inviare fosse: "non datemi una mano; lasciate che sia io a svangarla. Non voglio più vedervi rinunciare a nulla per me. Mi avete generato ed allevato, trasmesso i vostri geni e la vostra cultura "illuminata" di sinistra. Accontentatevi di ciò un buona volta. Un tempo voi lottavate per dei valori nuovi, diversi da quelli dei vostri genitori. Oggi noi lottiamo per vivere nel mondo, ma anche per essere indipendenti, costretti a sopravvivere alla vostra invadenza, al vostro continuo e inevitabile venire in soccorso.
E soprattutto, voi genitori - perché è in questo che dimostrate di essere proprio ciò che temete di più, ovvero VECCHI - toglietevi di dosso quella maledetta aria di martiri piegati della globalizzazione, rinunciatari al lusso dei vostri padri cresciuti nel boom, soffocati dall'angoscia indotta dai mezzi di comunicazione, vetero borghesi di una classe media che non c'è più, disincantati e cinici ormai di fronte a tutto e tuttavia ancora cullàti e consolàti come bambini dalle cagate dei vari Neil Young, Lou Reed, Clash, Joy Division, cantori tedofori di un'immagine da perdenti, figli di un'epoca rock'n roll oggi fagocitata e sincronizzata dagli spot della BMW Eletta, dagli assorbenti femminili e dai prodotti di cosmesi per maschietti.
Abbiamo sentito parlare di Pasolini da voi, ci siamo commossi ed entusiasmati con voi a vedere Apocalypse NowInto the Wild, ma ora lasciateci ascoltare Skrillex e Jason F in pace."

Noi genitori siamo ansiosi nei confronti del futuro dei nostri figli.
Abbiamo modellato esageratamente i nostri progetti anche personali in funzione del loro futuro. L'impressione è che, più che aiutarli, a volte li si bombardi di aspettative di cui forse loro stessi, nella migliore delle ipotesi, non si rendono conto e che soprattutto non ci chiedono. Alcuni, magari più pragmatici, convivono bene con questa forma strisciante di assistenzialismo paternale, ma altri, più sensibili e timidi, non ne verranno schiacciati e avviliti nell'anima e nello spirito?


Foto © Arimondi