Approfittare dell'occasione di non scrivere solo per sé, per confrontare il proprio pensiero con ciò che accade intorno. Insomma, per vedere - non più di nascosto - "l'effetto che fa".
28 ottobre 2009
Neppure Dio
ma neppure io posso farci niente
se non fosse così, sarebbe terribile.
Non soltanto Dio non governa il mondo
ma neppure io posso farci niente
non è compito mio, ci penserà qualcun'altro."
Padre Nostro, Il Teatro degli Orrori, 2009
19 ottobre 2009
53 anni e il lavoro
http://ilrusso.blogspot.com/2009/10/ho-53-anni-e-sono-disoccupato.html
17 ottobre 2009
Baseball zebrato a Milano
Poesiole mattutine
Bada bene, caro
stamattina non ne ho molta
di pazienza.
E la mazza da baseball è ben nascosta sotto il giaccone.
Quando, come sempre, passi sfiorandomi
settanta all'ora sulle strisce pedonali
non ti farà piacere sentirne il clangore contro la portiera destra del
SUV
tuo bolide nero milanese del cazzo.
***
Cinque chili di mattoni
già dentro alla mia ventiquattrore.
Per cascare accidentalmente sul tuo cofano luccicante,
quando cellulardotato ringhioso rombante sorpassi sulla destra il tram fermo
bambini zaini mamme scendere alla fermata della scuola.
***
Aerodinamica mamma plastificata, mi spieghi
ma verso chi
ma verso dove
per cosa
devi correre per attraversare con il rosso
il controviale fiume impetuoso d'auto
e la carrozzina piena del tuo bambino?
05 ottobre 2009
Del pensiero solitario, che ricompone
Un ronzio come quello della Città Grigia, ma non sonoro, bensì conficcato nelle profondità del cuore.
Mentre scrivevo davanti allo schermo, lo specchio qui sopra rimandava la mia immagine. A destra, fiori artificiali - tulipani, rami d’ulivo - con il loro doppio speculare; di fronte la vista mozzafiato di una penisola della Grecia continentale. E il mio viso stancato e consumato da un altro anno di Milano sembrava col passare dei giorni sempre un po’ più sorridente, sicuramente più colorito, anche se le rughe che ricordano mio padre apparivano, e sono, più profonde dell’anno scorso.
Mi chiedevo: che cosa offusca la contemplazione serena di questa bellezza?
Poi credo di aver trovato la causa. La frammentazione del pensiero.
Ecco ciò che mi ha annichilito nei mesi pre-estivi. Risultato di una abitudine lavorativa a risolvere con rapidità tanti problemi consecutivi. Una costrizione alla sintesi che è obbligo del mio tempo. Un obbligo all’abbandono dell’analisi, perché non c’è tempo per analizzare, ma solo per risolvere poblemi in tempi rapidi e secondo le priorità.
“Priorità” altro termine cardinale del nostro modo di vivere. Come se si dovesse sempre mettere le cose in fila.
A decisioni sintetiche per i problemi standardizzati, la decisione analitica per i problemi che esulano dallo standard. Ecco perché forse le cose non vanno tanto bene. Forse tutti stiamo perdendo l’abitudine all’analisi, la capacità di guardare ai problemi che vanno oltre il contingente.
Tutti a sintetizzare e a vivere aforisticamente, anche nella vita come se fossimo sempre a commentare su Facebook o Twitter.
Le giornate di vacanza passavano. Lentamente, nella solitudine delle sere stellate, nella solitudine di un tuffo in mare all’alba, nella solitudine di un libro, ho poi recuperato l’unione di me.
Dunque, solo nella solitudine è possibile ricomporre i frammenti di se stessi (era questa, Zaio, forse la solitudine cui inconsciamente mi riferivo nei post precedenti)?
Mi manca quindi la solitudine, la mia peggior nemica?
Oppure dietro il lieve sollievo della solitudine c’è solo qualcos’altro nascosto nell’ombra. Forse la vita rigenerata. Un battito? Perché ora mi sembra che, al di là della solitudine, sia sempre la forza vitale a vincere.
01 ottobre 2009
La vittoria per la vita - Win for life
L'Italia democristiana del boom e del post-boom Anni Sessanta e Settanta otteneva il consenso cercando di offrire a tutti un posto di lavoro nella amministrazione pubblica.
Generazioni di giovani italiani sono cresciuti, nel bene e nel male, con il miraggio realizzabile di vivere una tranquilla esistenza lavorativa, più o meno nascosti dietro il banco di qualche ufficio postale o comunale e con un dignitoso stipendio garantito a vita.
Lo Stato di oggi, liberista e intraprendente, ma a corto di fondi e di idee, cambia strategia.
Lo Stato vi offre ancora un dignitoso stipendio garantito a vita.
MA SOLO SE AVETE UN GRAN CULO.
Questa la "filosofia" con cui Sisal (concessionario dello Stato per la gestione di giochi) ha lanciato il nuovo concorso Win for life, che offre ai vincitori non più un unico monte premi, bensì un premio rateizzato in tranche di 4000€ mensili per ventanni.
Non c'è più lavoro? Non c'è più stipendio?
Vabbé, consolatevi, potete sempre comprarvi il miraggio dello stipendio.
27 settembre 2009
Digital Tableaux Vivants
Dopo quella infausta mostra di due anni fa – inno alla vacuità kitsch elevata all’ennesima potenza – cerco di diffidare degli artisti che usano i grandi nomi dello spettacolo per le proprie creazioni.
Non è il caso della bella mostra VOOM Portraits, dove le rappresentazioni visive di Bob Wilson fissano su schermi al plasma ad alta definizione dei “quadri viventi”, che propongono personaggi della cultura e dello spettacolo, uomini comuni ed animali.
Il protagonista di ogni video ritratto appare immobile, ma è il suo respiro a tradire la vitalità che traspare dalle opere. Altre volte compie azioni reiterate e simboliche, che possono essere riempite di significato da citazioni radicate nella storia della cultura, della pittura o dei media. Come l’irresistibile sguardo ironico di un impaziente Steve Buscemi, macellaio insanguinato di fronte al quarto di bue pronto ad essere sezionato.
Wilson sperimenta questa forma espressiva con il video analogico fin dagli Anni '60. Negli Anni '70 la TV tedesca ZDF trasmette in loop i suoi ritratti viventi al posto del monoscopio di fine trasmissioni. Oggi tutto è reso con grande efficacia e vividezza dall’alta definizione. La mostra è realizzata con il contributo della TV via satellite VoomHD che ha commissionato più di 150 opere. Un bel connubio di arte e tecnologia, a mio parere.
Quello che viene salvaguardato è l’umanità delle figure, dove persone normali acquistano una profondità quasi caraveggesca, come con il meccanico Norman Paul Fleming.
Mi piace immaginare di avere in casa uno schermo HD che riproduce questi tableaux vivants digitali, normale evoluzione del porta-fotografie digitale che va oggi a ruba nei negozi di elettronica di consumo.
Tra le opere, la più intensa di tutti mi pare quella di Wynona Rider, il cui viso immobile, incorniciato da una corona di splendidi fiori, osserva allucinato per circa quindi minuti le proprie ossessioni femminili ed erotiche - una pistola, una borsetta, uno spazzolino da denti - mentre il passare del tempo viene scandito dall’alternarsi di giorno e notte, in un’alternanaza cromatica lenta e mozzafiato.
L’opera è ispirata dall’agghiacciante Giorni Felici di Samuel Beckett, opera teatrale in cui una donna qualunque, sprofondata inessorabilmente nella sabbia, accanto ad un marito dal cranio sfondato, cerca di convincersi in un frenetico affabulare di vivere comunque una quotidianità bellissima e felice.
Wilson rilegge questa vicenda del Teatro dell’Assurdo con la freddezza del digitale, svuotandola dell’elemento angosciante e ottenendo un risultato molto alto.
Altrettanto bella Carolina di Monaco raffigurata immobile con un profilo nobile e fiero, in un bianco e nero che rimanda alla madre Grace Kelly nel film La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock.
Anche personaggi celebri come Brad Pitt riescono irresistibili quando, in mutande sotto la pioggia, sfogano la loro virilità con una pistola ad acqua.
Altri si spogliano di qualsiasi volgarità grazie alla stautuaria immobilità della loro bellezza, come la sensualissima Dita von Teese, costretta sadicamente (per lei e per noi) a stare immobile su un trapezio.
Finendo con le profonde rughe dello scrittore Gao Xionjian il cui viso scavato viene attraversato dalla scritta “La solitudine è una condizione necessaria alla libertà”.
20 settembre 2009
Giardini dell'anima
Mi piacciono le mostre che si concentrano su un momento breve ma definito della vita di un artista e cercano di restituire questo momento nella sua completezza. Le preferisco alle defatiganti mostre monografiche, di cui si ricordano poi solo schegge sparse e folle oceaniche.
La Mostra di Claude Monet sugli ultimi suoi anni (Il tempo delle ninfee, Palazzo Reale, Milano) presenta infatti solo 20 dipinti e in più permette di perdersi nella bellezza della natura, cosa che mi è stata molto gradita sull’orlo del baratro autunnale.
Monet amava massimamente dipingere la natura e aveva cercato di ricostruire nei giardini di casa sua a Giverny tutta questa bellezza.
L’immagine qui sotto mostra la pianta dei giardini, dove la parte lacustre (con il famoso ponte giapponese dipinto decine e decine di volte) era raggiungibile da un sottopasso sotto la ferrovia. Qui Monet si rifugiava, dedicando giornate intere alla riproduzione su tela della complessità cromatica dei riflessi di un ciuffo di fiori sull'acqua increspata da alghe multicolori.
Sorprendente è anche scoprire come l’iniziatore dell’Impressionismo, alla fine della sua vita (siamo alla fine degli Anni ’20), sia in grado di dipingere quadri di una densità cromatica che rimanda quasi (vedi immagine sopra) all’espressionismo astratto di molti decenni successivi.
Certo anche la mosta di Claude Monet si perderà nel sovaccarico informativo del 2009 forse, ma trascorrere qualche ora tra i colori trasfigurati di ninfee, canneti, glicini e roseti del giardino di Giverny è stato vivificante.
13 settembre 2009
Ma i funerali di Stato no...
E' da quando ho infilato il costume il 7 Agosto che non avevo un pensiero di sinistra.
Stavo molto bene, in realtà.
Ora, con il rientro, si stavano naturalmente riaffacciando.
Poi ho visto Veltroni ai Funerali di Stato di Mike Bongiorno.
I pensieri di sinistra sono di nuovo fuggiti.
PS La foto sopra la tengo insieme a quella di Vasco Rossi. La mostrerò ai miei figli quando mi chiederanno di iscriversi allo IULM.
12 settembre 2009
Panem et circenses
Mattina ore nove. Mi arrampico sul piccolo villaggio greco che guarda il mare dalla montagne, per comprare il pane prodotto dall’ultimo forno a legna della regione.
L’anziano panettiere sessantacinquenne mi chiede che lingua parlo, esausto del mio vano gesticolare per descrivere del pane integrale.
“Inglese, Italiano…”
Alla parola “italiano” si illumina e comincia a ridere sguaiatamente, urlando a tutti i clienti in coda dietro di me: “Italianoooo, Berluscooooniii… Ragazza, belle, giovane… Grande Presidente Itaaalia… Presidente Europaaaa….”
Lo urla ammiccando furbetto al vegliardo grosso e ciccione vicino al banco, che mi si avvicina anche lui tutto eccitato, mi guarda negli occhi e, mimando il gesto inequivocabile dell’ombrello, mi fa, complice: “Berluscooooooni…. Cazzo duro…!!! (espressione che, non so perché, tutti i greci conoscono)”.
Il penettiere incalza: “Berluscoooni, Italiaano, maaffia, Presidente Europaaa… Elisabetta Queen (mimando una inequivocabile pecorina)… tutte donne Europa… (pecorina di nuovo)”
A quel punto non posso che fare l’ironico “Eh sì, vabbé, why not president of the world and Universe…”
“Sììììììììì…. Presidente Mondo, tutte donne belle fotti!!!”
Tento un ultimo timido “Yes… but Viagra…”
“Viaaagra… (sempre più forte) Berluscooooooooooooni! Presideeeeeeeeeente!”.
Dimenticavo di parlare ad un vispo ultra sessantenne…
La scena è penosa. La coda dietro di me è ormai lunga. Tutti gli uomini ghignano, le signore sorridono timidamente chinando il capo, non so se vergognandosi di me o dei loro uomini.Sorrido, abbozzo, sogghigno anche io (cliché dell’italiano macho da difendere), faccio il simpatico, pago e me ne vado.
Un tempo eravamo famosi all’estero solo per Paolo Rossi e Roberto Schillaci. Celebrità pallonare a cadenza quadriennale. Oggi abbiamo altre celebrità.
Pensavo di aver capito cosa dicono i commentatori quando sostengono che Berlusconi, come un imperatore romano, mantiene il potere offrendo alla gente panem et circenses, il minimo che serve a vivere dignitosamente unito allo svago e al divertimento delle sue TV.
Invece è più semplice: con lui a capo del governo, mentre vai a comprare il pane ti capitano queste penose scene da circo.
15 agosto 2009
Cave I
Intossicato da un anno di italianità urlata e di ostentazione estetizzante sobbalzo alla (per fortuna rara) targa “I”, che mi ritrovo mio malgrado a cercare compulsivamente con gli occhi ad ogni incrocio d’auto.
In panetteria, ieri, due grossi italiani tirano fuori un biglietto da 500€ insistendo per cambiarli, grugnendo in un inglese da trogloditi. La signora al banco - fingendo ammirazione – prende in mano la banconota e, sorridendo, la usa come ventaglio. Loro riprendono il bigliettone e se ne vanno senza salutare.
Ieri sera sul piccolo molo notturno, gli unici italiani ammucchiati in comitiva vociante parlano tra loro di quella casa antica dal bel balcone arabeggiante che hanno “puntato” per chissà quale lungimirante investimento. “Ma il proprietario non si trova”.
Io lo spero ad Istanbul e che non si faccia mai trovare.
14 agosto 2009
Letture per la Grecia
Antidoto alla paccottiglia nazionale. Perché, diciamocelo pure, il cavaliere (per ora) vince e stravince, riuscendo addirittura a farci rifugiare – per assenza di alternative credibili – nell’osservazione degli altri mondi. Realtà che talvolta parlano della nostra situazione politica e sociale con misto di stupefazione e sconcerto, facendoci sentire illusoriamente meno soli.
Sia la rivista, sia l'argomento meritano approfondimento.
- Post-Punk 1978-1984 di Simon Reynolds. Maxiguida che credo non finirò mai, imprescindibile per capire cosa manca alla conoscenza del mondo parallelo dei suoni che nutre il mio spirito, in particolare in quel magico e fertile periodo di fine Anni Settanta.
Annotare come sempre gli album da ascoltare al ritorno, per tradurre le storie narrate in suoni concreti.
- I classici che sta leggendo A., che ruberò mentre lui ne legge altri (Racconti di Pirandello, Vite parallele di Plutarco, Racconti di Verga).
Nessuna nuova lettura scelta dal sottoscritto. Prima della partenza, solo le energie necessarie a strisciare in libreria per scegliere guida e cartina stradale.
27 luglio 2009
Rientro
23 marzo 2009
Closer close-up
Domenica mattina ho salutato moglie, figli, sorelle, parenti vicini e lontani e insieme ad un caro amico fotografo sono andato a caccia.
A caccia di immagini. Immagini diverse dal solito.
Da tempo volevo farlo e finalmente, eccole.
Molti le riconosceranno subito.
Non è da tutti passare la prima assolata domenica di Primavera in un cimitero, lo so.
Ma che cimitero (il cimitero monumentale di Staglieno a Genova) e per quali immagini.
Sono le sculture utilizzate nel 1980 per copertine dell'album Closer e del singolo Love Will Tear Us Apart dei Joy Division. Un album e un singolo che hanno segnato me e molti altri, che sul quelle copertine abbiamo passato ore, nelle nostre camerette dark un po' problematiche, mentre il vinile nero girava nero.
Per anni ho avuto gli originali di queste sculture a due chilometri da casa e non le avevo mai viste dal vivo.
All'interno non è stato difficile trovarle, anzi quella di Closer si trova a sinistra, appena entrati (il mio amico - cinico ascoltatore dei Queen - ha detto che il fotografo, non avendo tempo, riprese la prima statua capitata a tiro...).
Mi sono trovato a volte a chiedermi su come furono scelte, e chi le propose a Tony Wilson della Factory Records per quelle due copertine. E' vero che esiste da sempre una forte affinità tra Genova e l'Inghilterra, ma Manchester e Staglieno non mi pare ispirino particolari associazioni di idee.
La mattinata è continuata con un indimenticabile giro tra viali alberati in collina, tra cappelle gotiche monumentali e capolavori della scultura, tra prati degradanti vero la Val Bisagno piene di tumuli infiorati e sentieri che ad ogni angolo offrivano scorci mozzafiato e un po' inquietanti di statue, croci e lapidi, a volte anche abbandonate, respirando una boccata di spirito da Grand Tour ottocentesco insieme ad una sensazione di abbandono malinconico, accentuato dalla polvere e dallo smog che ricoprono molte statue.
Se non si è troppo sensibili o peggio superstiziosi, facendo clic qui si può accedere ad una selezione di altre mie foto di queste sculture, "fantastiche" nel vero senso della parola.
13 marzo 2009
Grr
L'aggressività intorno a me.
La respiro, si taglia a fette.
Mi ci sto abituando? Mi sto adattando ad essa?
Orrore.
Allora leggo le Tragedie Greche. Ascolto American Graffiti. Ascolto le Arie Antiche da camera dell'Ottocento cantate da Cecilia Bartoli. Piano e voce.
Leggere, fresche come l'ossigeno, come il bisogno di correre verso la radice dei concetti umani, alla purezza felice di un rock'n'roll spensierato, alla fonte della voce umana, voce di donna.
Oggi creata nuova playlist. Lieder.
All'interno, le Arie Antiche di cui sopra, il Winterreise di Schubert, le Chansons de Bilitis di Debussy.
03 marzo 2009
I cultori dionisiaci della musica ritmica
Ieri sera ripetevo con mio figlio dal libro di storia. La nascita di Atene: Draconte, Solone, Ipparco, Clìstene.
Quanti ricordi e soprattutto quanti personaggi ed eventi che non ricordavo affatto...
Poi l'occhio mi cade su un riquadro giallo, di quelli che servono per approfondire un concetto o per definire un termine particolare, in questo caso quello dei misteri dionisiaci:
"Si credeva che l'eccitamento derivante dal vino o da una qualsiasi forma di esaltazione collettiva preparasse i fedeli ad accogliere l'ispirazione divina. Ancora oggi, del resto, alcuni cultori di musica ritmica cercano nella droga e nel contatto tendenzialmente orgiastico col pubblico la liberazione della fantasia e l'agile felicità dell'improvvisazione (anche se poi, in realtà, ottengono solo il risultato di rimbecillire)."
A. Camera - R. Fiabetti, Corso di Storia Antica e Medievale, II edizione, Zanichelli, 1992, 1997, pag. 133.
Mi pare splendido essere definito un "cultore di musica ritmica" e invidio tutti coloro che amano la musica non ritmica perché chissà quale inesistente ed extramondana musica ascoltano.
Mi dispiace anche essermi perso tutte (dico tutte) le orgie a cui avrei potuto partecipare e che invece mi sono sfuggite.
All'"agile felicità dell'improvvisazione" (termine a mio avviso involontariamente sublime) ho invece sempre aspirato e la musica mi ci ha quasi sempre condotto, per fortuna.
Per il rimbecillito, a quarantasei anni posso dire che hanno perfettamente ragione.
Certo è che con tutto l'affetto che posso avere per il Camera-Fabietti (che secondo i revisionisti di destra è un libro "di parte", che ha "plagiato generazioni di italiani" e al quale sono quindi riconoscente), questo incredibile paragrafetto potevano risparmiarselo.
Però rido e penso a quella meravigliosa battuta di Andrea Pazienza, raffigurante una mamma dagli occhi strabuzzati e urlante:
18 febbraio 2009
Mortgage plan
D'altra parte oggi sulle home page di tutti i principali quotidiani italiani, nessuno, a parte Il Sole 24 Ore, parlava del piano di ieri, da vari analisti considerato storico.
Qualcuno sa ipotizzare uno o più motivi?
17 febbraio 2009
Stimulus Plan
787 miliardi di dollari di investimenti in educazione, sanità, riduzione delle tasse, investimenti in infrastrutture eco-sostenibili (ferrovie, energia solare) e tecnologicamente innovative (broadband e nuove reti per l'energia elettrica), ricerca e innovazione. Il tutto con trasparenza e possibilità da parte di ogni cittadino di seguire via Web l'andamento dei lavori.
Soprattutto con un messaggio chiaro: rimboccatevi le maniche; ve lo dice uno che potete vedere in faccia che se le è già rimboccate da un bel po'.
Non sono le parole di Babbo Natale, ma il piano di Barack Obama e del suo team per cominciare a far uscire gli Stati Uniti da una crisi mondiale che a detta di tutti i media del mondo - a parte di quelli italiani che continuano a parlare del Festival di Sanremo, della commemorazione di Bettino Craxi e delle beghe del PD - è drammatica e si prolungherà per mesi e mesi.
Eppure non sembra complicatissimo. Un piano basato su un concetto lineare: il lavoro al di sopra di tutto. Da esso dipendono i consumi, dai consumi dipende la sopravvivenza e crescita delle aziende, dalla crescita delle aziende nasce il lavoro. In un circolo virtuoso che si auto-alimenta.
Qui guarda caso ci invitano a consumare... senza darci il lavoro.
Aspettiamoci nei prossimi giorni da parte dei nostri inqualificabili propagandisti una corsa alle energie rinnovabili, ai proclami illuminati dell'avevamo detto.
Non sono sicuro che Obama sia il salvatore del suo paese, ma di certo ci prova con convinzione.
Anche a noi forse basterebbe questo. Qualcuno con una faccia e un passato decente che ci provi.
07 febbraio 2009
In equilibrio sul caos
“La nostra stabilità è solo equilibrio e la nostra sapienza sta nel controllo magistrale dell’imprevisto” (Dyson Freeman, Eros a Gaia).
04 febbraio 2009
Dieci anni
Ma lui rappresenta per me molto di ciò che è la mia educazione sentimentale e intellettuale e credo di dovere molto a lui e a coloro che me lo fecero conoscere, quando ero bambino di pochi anni.
Quello che posso dire è che il Volume 8 (1975) è oggi l'album a mio avviso più attuale e bruciante di De André.
Perché?
- La cattiva strada. Così ermetica e al contempo così chiara nel giustificare l'ambiguità crudele dell'uomo per il mezzo musicale di una ballata quasi sbarazzina. Una "que sera" di Chico Buarque italiana, più spietata. Mi ricorda indirettamente l'atmosfera di "Gomorra".
- Nancy - La storia di Nancy, della sua bigiotteria, della sua perdutezza e della distrazione degli uomini. Ai livelli di Suzanne di Leonard Cohen. Forse ancora più penetrante, nella sua fine, con quel "sono contenta che sei venuto" che ti morde lo stomaco.
- Le storie di ieri - Il ragazzo guarda il muro e si guarda le mani e capisce che non potrà mai accettare la generazione dei padri. Quello è il suo turno. E ti chiedi: i nostri figli ci guardano così oggi, noi nostalgici di un "vero" pensiero di sinistra?
- Giugno '73 - La fine struggente, affilata e rassegnata di un amore. "Tua madre c'è l'ha molto con me, perché sono sposato e in più canto" ... "E' stato meglio lasciarsi che non essersi mai incontrati".
- Canzone per l'Estate - Il borghese degli Anni Settanta, degli Anni Ottanta, Novanta e di oggi. Eccomi a immedesimarmi come migliaia che si chiedono com'è che non riescono più a volare.
E cosa avrà provato mio padre ascoltando questa canzone?
- Amico Fragile - Per me il capolavoro di De André, anche musicalmente. La canzone della diversità, del disagio di sentirsi lucidamente estranei e lucidamente perduti, dell'orgoglio di esserlo. "Ero molto più curioso di voi" con tutte le implicazioni del caso, senza paracaduti.
Cosa poteva accadere ad un ragazzo tredicenne che nel mezzo degli Anni Settanta si trovò ad ascoltare queste parole?
24 gennaio 2009
18 gennaio 2009
Mode e adolescenti
What (fucking) else
Il vincitore commerciale della passate feste non è
Ne uccide più l'icona di Hollywood che la spada.
Passando nei giorni prima di Capodanno per il centro di Nizza si osservava una lunga coda che usciva da un negozio dalla apparenza più simile ad una gioielleria che a uno spaccio di caffè, a partire dall’insegna a caratteri dorati su fondo nero.
Incurosito da tale affollarsi di signore in pelliccia, distinti signori in paltò, intere famiglie con passeggini e austeri nonnetti cerco di capire che nesso ciò possa avere con il caffè e il mio istinto cinico-sociologico mi dice di introdurmi nel locale.
Due stewards mi chiedono subito se voglio un caffè, ma l’ho appena preso e devo sedare il mio istinto genovese. E poi dà fastidio quando in un negozio ti assalgono subito all’arma bianca.
All’interno, in esposizione, almeno dieci modelli dall’aspetto tondo e ciccio, come delle Bugatti dai colori eleganti e seriosi (design Pininfarina?) o come la nuova 500 (solo che in questo caso di veri e non metaforici macinini si tratta).
I signori di prima si accalcano per toccare manopole, accarezzare rotondità e luccichii di acciaio anodizzato. Prezzo, da 149 euro in su, fino a 1500.
T’ho venduto l’hardware, mo’ beccati er software
Lo spettacolo notevole è però il banco delle cialde (pardon "capsule", pardon cru).
Qui i marpioni del marketing hanno inventato l’ennesimo gancio redditizio. Facendo leva sulla bevanda più amata dagli Italiani, sulla loro eterna rincorsa al “voglio ma non posso”, sul loro ipotetico "innato" senso estetico (?), sul loro luccicante amore bovino per la Ferrari “che vince sempre”, hanno ideato una serie di cialde al cui solo sguardo anche un manovale della camorra si sente un raffinato stilista, confezionate con una cura e “eleganza” da farli sembrare serie numerate di gioielli, adatti a posare accanto al nuovo Blackberry cromato e alla sinuosa depuratrice che rende più potabile l’acqua già potabile.
Gigantografie alle pareti immartalano le cialde quasi fossero trousse di Lancome. Tinte metallizzate che richiamano ai colori della auto più prestigiose per rappresentare essenze rare come il Sandona colombiano, il Goroka di Papua o lo Yunnan cinese, di cui certo sentivamo la mancanza.
Peccato che abbiano nomi imprbabili come "Livanto", "Volluto", "Cosi" (senza accento) o "Finezzo" quasi che sian state battezzate da un commesso viaggiatore lituano tornato da un week-end a Rimini.
Avvenenti commesse si prodigano a far assaggiare o annusare le essenze più originali. Coppie litigano su quale modello starà meglio in esposizione in soggiorno e quale color di cru meglio si addice alla tappezzeria.
Perché il macinino e il portacialde sono così belli che devono stare in salotto accanto al plasma 60 pollici.
La sublime esperienza
E' quanto ti vendono.
Tanto di cappello ai signori del marketing e ai loro compari pubblicitari senzaddio.
Quando cominciò a diffondersi il "telefonino", da triste intellettualoide di sinistra gridai alla perdita comunicativa, alla definitiva fine della dialettica tra esseri umani che si guardano negli occhi.
Non mi sbagliavo nella sostanza, ma nella forma eccome se mi sbagliavo. Ora in famiglia abbiamo 5 cellullari e se non ce l’hai sei un genitore irresponsabile, oltre che inibito al lavoro.
Ora ho imparato e so per certo che Nespresso è il prossimo elettrodomestico che invaderà le case degli europei. Anche francesi e inglesi abbandoneranno le brodaglie nere e si convertiranno al succedaneo modaiolo del caffè espresso.
E fra cinque anni non averla sarà come non avere il frigo, che agli inzi del secolo veniva messo in salotto come oggetto di prestigio. Roba da sfigati.
E prima che il cielo ci caschi definitivamente sulla testa - saggio Asterix - non voglio passare più per sfigato!
Dal sito istituzionale della Nestlé Nespresso S.A.
10 gennaio 2009
La passione quasi tragica dell'ascolto
Scusassero la prolungata assenza, ma l’Adolescenza consuma il tempo e l'esistenza del genitore.
Da molto tempo l’idea non espressa mi gira nella testa. Non trovavo i termini per esporla compiutamente.
A dimostrazione che le cose basta cercarle alla fonte, ecco venirmi in aiuto niente meno che Aristotele che nella Poetica (6 p.1449 b 24-28) dà la prima definizione giunta a noi della Tragedia greca (quella di Eschilo, Sofocle ed Euripide per intenderci)
La Tragedia dunque è rappresentazione (mimesi) di un’azione seria e compiuta in se stessa, avente una determinata ampiezza, con stile adorno, appropriato al genere di ciascuna della parti; di persone agenti e non in forma narrativa; e che, attraverso pietà e terrore, consegue l’effetto di liberare da siffatte passioni.
Per inciso, prima della Tragedia greca, nulla del genere era mai apparso nella cultura occidentale. Ancora oggi è un mistero come la cultura greca abbia potuto far nascere dalla poesi a dell’epica (forme puramente poetiche e narrative) una struttura complessa e multidisciplinare come il teatro, che prevedede l’integrazione di poeti, attori, registi, cori, musiche, scenografie, attrezzi scenici. Alcuni sostengono che solo una civilità libera e democratica come l’Atene del 500 AC poteve far nascere al suo interno un meccanismo artistico così perfetto e nobilmente “politico”, così omnicomprensivo delle passioni umane. Mai più ripetuto e da allora solo imitato.
Aristotele nalla sua definizione sostiene quindi il compito della tragedia teatrale è proprio quella di rappresentare le passione e facendo ciò liberare da queste passioni noi poveri mortali che assistiamo alla rappresentazione.
Non un semplice “mal comune mezzo gaudio”, ma un “digerire” la proprie passioni, angosce e dolori attraverso la rappresentazione dei dolori degli altri e dell'estro poetico con cui l’artista è riuscito a rappresentarle. Gli Ateniesi in pratica si psicoanalizzavano in gruppo e all’aperto, non sul lettino dello psicanalista.
Quello che a me viene pensare è che le forme di arte che oggi noi apprezziamo e viviamo, quelle in particolare orientate all’aspetto contradditorio e insondabile della vita, siano tutte figlie del teatro drammatico greco e della “pietà e orrore” che esse manifestano e risvegliano in noi.
Quindi, semplificando grandemente, me ne rendo conto, ecco spiegarsi il motivo per cui amiamo un certo tipo di musica in cui si sprofonda nelle profondità del sentimento umano. Un testo di Leonard Cohen o di De André, un sound inquietante come quello dei Portished o dei Massive Attack, la cupezza introversa dei Joy Division, i Winterreise di Schubert, il Finale del Tristano e Isotta di Wagner, la rabbia impotente dei Germs, il wanna be your dog di Iggy Pop & The Stooges, l’atmosfera rituale e liberatoria del concerto rock.
Cosa può portare ad amare un brano/video come Liar della Rollins Band o Song to Say Goodbye dei Placebo dove viene espresso il peggio dell’animo umano (la sadica menzogna da una parte e la dipendenza/depressione dall’altra)?
Forse, attraverso questi testi noi ci diciamo “ecco a cosa può giungere l’uomo. Ecco a cosa posso giungere anche io. Ma io non sono poi così e le mie pene sono poca cosa in confronto”.
Questo riguarda credo altre esperienze estetiche: Apocalypse Now di Coppola, Barry Lyndon di Kubrick nele cinema, Francis Bacon nell’arte figurativa, Borges e Buzzati in letteratura, solo per citare i primi che vengono in mente.
Fino a capire anche gli amanti del cinema horror e del metal estremo, che hanno un modo ancora più radicale (sebbene più esplicito) per vivere la catarsi delle proprie paure e violenze.
Fino a forse giustificare (?) anche il masochismo dei fruitori della tv verità dove l’orrore del vicino messo in piazza fa sentre meno sfortunato il diseredato spettatore..
Ad ognuno la catarsi che si sceglie/merita, per evitare di passare dall’estetica ai fatti...
Ignobilmente unendo alto e basso, dopo Aristotole, mi piace citare Lester Bangs, mio amato critico rock britannico, che da qualche parte nel suo Guida ragionevole al frastuono più atroce sosteneva che gran parte di coloro che ascoltano rock sono coloro che in realtà gli eccessi vissuti e narrati dai loro idoli ed interpreti, vigliaccamente, non li vivranno mai.
In pratica, a tutti noi è piaciuto immaginarci degli Iggy Pop, dei Lou Reed, dei Jim Morrison, dei Sid Vicious, dei Ian Curtis, dei Kurt Cobain, delle Amy Winehouse (alcuni, ne sono certo, si commuovono ascoltando l’Otello di Verdi o adorano la personalità di Wagner), ma alla fine abbiamo preferito pasti regolari a pranzo e cena e, quando si può, cappuccino e briosche.
Ma sentirci tanto “rock’n’roll” o ricordare quando pensavamo di esserlo ci aiuta a tirare avanti.
PS
Quanto ho scritto riguarda solo il “lato sensibile” dell’esperienza musicale. Ho qui trascurato altri aspetti quali il gusto quasi fisico di suonare uno strumento, lo studio della pura tecnica strumentale e compositiva, l’aspetto storico-musicale ed anche ovviamente la semplice dimensione ludico o funzionale (il ballo o il semplice ascolto distratto), tutte manifestazioni dell'ascolto degne di altrettanta attenzione in una eventuale analisi della fruizione musicale.