20 settembre 2009

Giardini dell'anima


Mi piacciono le mostre che si concentrano su un momento breve ma definito della vita di un artista e cercano di restituire questo momento nella sua completezza. Le preferisco alle defatiganti mostre monografiche, di cui si ricordano poi solo schegge sparse e folle oceaniche.

La Mostra di Claude Monet sugli ultimi suoi anni (Il tempo delle ninfee, Palazzo Reale, Milano) presenta infatti solo 20 dipinti e in più permette di perdersi nella bellezza della natura, cosa che mi è stata molto gradita sull’orlo del baratro autunnale.

Monet amava massimamente dipingere la natura e aveva cercato di ricostruire nei giardini di casa sua a Giverny tutta questa bellezza.

L’immagine qui sotto mostra la pianta dei giardini, dove la parte lacustre (con il famoso ponte giapponese dipinto decine e decine di volte) era raggiungibile da un sottopasso sotto la ferrovia. Qui Monet si rifugiava, dedicando giornate intere alla riproduzione su tela della complessità cromatica dei riflessi di un ciuffo di fiori sull'acqua increspata da alghe multicolori.

Sorprendente è anche scoprire come l’iniziatore dell’Impressionismo, alla fine della sua vita (siamo alla fine degli Anni ’20), sia in grado di dipingere quadri di una densità cromatica che rimanda quasi (vedi immagine sopra) all’espressionismo astratto di molti decenni successivi.

Certo anche la mosta di Claude Monet si perderà nel sovaccarico informativo del 2009 forse, ma trascorrere qualche ora tra i colori trasfigurati di ninfee, canneti, glicini e roseti del giardino di Giverny è stato vivificante.

3 commenti:

Franco Zaio ha detto...

La bellezza, cercarla e trovarla, è vivficante, vero.

Franco Zaio ha detto...

Avvistato Listener di nuovo a Genova!

Arimondi ha detto...

Sapevo sapevo... the kid is back in town.