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Amo molto la radio della parola. Trovo che lo spazio acustico creato dalla radio, sia esso spazio abitativo o spazio automobilistico, è il luogo ideale per ascoltare ciò che le persone hanno da raccontare.
Da sempre cerco di ascoltare Radio Tre (fin dal tempo de
Il racconto di mezzanotte negli Anni Ottanta) e mi capita spesso di sintonizzarmi su Radio24.
Una delle trasmissioni da me preferite è però
Uomini e profeti, in onda tutti i Sabati alle 9,30 di mattina su RadioTre.
Fin dal titolo appare a tutti gli effetti una trasmissione di argomento religioso. E vi assicuro che leggendo la presentazione della trasmissione (per esempio
questa) verrebbe voglia (almeno a me) di sintonizzarmi a decine di megahertz di distanza.
In realtà il programma affronta in modo diretto e coraggioso argomenti "spirituali" come - solo per fare alcuni esempi - l'ecumenismo, la crisi della religione, i Vangeli apocrifi, la storia della cultura attraverso le più varie fedi religiose (veramente tutte considerate), ma anche argomenti più generali di filosofia e analisi sociale. Invitando ogni volta due o tre ospiti che parlano delle proprie competenze o esperienze, in modo assolutamente aperto e laico.
Va in onda dal 1993, ma io la ascolto da molto meno e in verità non trovo ma il tempo di ascoltarla per intero, dato che dura 45 minuti e il sabato mattina è per me in genere un turbinio di attività domestiche. Eppure ogni volta rimango incantato dalla profondità dei temi svolti e dalla delicatezza e competenza con cui vengono affrontati.
L'autrice Gabriella Caramore padroneggia gli argomenti e lo fa con semplicità e tatto, dimostrando ancora una volta che è necessario conoscere un argomento a fondo per restituirlo agli altri in modo chiaro e fruibile.
Sabato dopo sabato, ci si accorge che l'orecchio che passa distratto vicino alla radio e ogni volta rimane catturato da queste voci che danno l'impressione di sfiorare concretamente la "saggezza".
Sabato scorso c'era tra gli ospiti
Umberto Galimberti, che ancora una volta ha gelato gli ascoltatori con la sua lucida analisi
del declino dei valori dell'uomo in favore dei valori della tecnica e di come questo crei un incerto futuro ai giovani.
E ciò che colpiva di più non erano tanto le parole di Galimberti (che pure ha esordito citando il "Dio è morto" nietzscheano...), quanto l'annuire quasi muto della Caramore che non poteva che chiosare con un desolato e bisbigliato assenso, presagio al di là dell'etere dell'ineluttabilità concreta di quanto andava raccontando Galimberti, nonostante la fede e chi ce l'ha.
Una specie di silenziosa e dolorosa empatia.
Chi ha tempo e vuole ascoltare, clicchi
qui.
Questa trasmissone è un altro bell'esempio di Bellezza, la bellezza della parola e del pensiero.