11 ottobre 2006

MP3 no grazie? A volte conviene



Alcuni giorni fa parlavo con un compositore di musica contemporanea che lavora in Francia, in particolare all'IRCAM di Parigi, dove dagli Anni Sessanta si effettuano ricerche sul suono.

Si diceva di come l'MP3 abbia trasformato radicalmente i modi di ascolto del pubblico.
Come compositore, a proposito di questo e degli altri metodi di compressione del suono, dava invece un parere assolutamente negativo dal punto di vista estetico e mi faceva un esempio molto semplice ma illuminante e più efficace a mio avviso del parere di molti audiofili.

Ascoltando un brano di musica pop o di classica compresso in MP3, se il mio udito è sensibile, potrò molto probabilmente percepirlo diversamente da come suonerebbe su un CD audio e avvertire la mancanza di alcune frequenze. Tuttavia i parametri generali melodici armonici e in gran parte dinamici restano inalterati. Potrò sostenere, giustamente, che non suona bene come l'originale, ma non potrò dire che non sia riconoscibile.

Nella musica elettronica colta, viceversa, gran parte del lavoro del compositore è dedicato alla creazione di un suono di sintesi volutamente diverso da quanto si ascolta tra le sonorità degli strumenti tradizionali o in natura. Si tratta di suoni complessi, studiati a tavolino, dove tutti i parametri acustici sono analizzati attentamente con strumenti sofisticati.
Nel caso del suono di sintesi, ciò che il compositore ha voluto creare è quel suono e basta. Un suono dal quale non si può eliminare nulla.

Quindi un metodo come l'MP3 che comprime questo suono, togliendo delle frequenze, semplicemente lo snatura, lo rende qualcos'altro. Ascoltare un'opera di musica elettronica contemporanea in MP3 corisponde a questo: ascoltare semplicemente un'altra cosa.
Come dire che invece di una Sonata di Beethoven sto ascoltando un Quartetto di Bartok, invece di Belle & Sebastian, James Brown.

I miei CD di musica elettronica contemporanea mi guardano dallo scaffale e mi implorano di essere masterizzati e trasferiti su Itunes. Non sanno che non avrò mai più il coraggio di farlo.

2 commenti:

Franco Zaio ha detto...

Anche un rozzo musicofilo come me se ne era accorto, anche sui dischi di rock. Il problema, si sa, è la fruibilità, la maneggevolezza, la duttilità del supporto. E le cassette per quanto al cromo al quinto ascolto erano già bollite :-(
I nostri figli non avranno di queste fisime: per loro la musica sarà una cosa eterea, immateriale. Leggiti "Il futuro della musica" ed. Unwired Media.
Ciau nè.

Arimondi ha detto...

Concordo. Interessante, provocatorio e anche lungimirante "il futuro della musica".