06 settembre 2011

Facebook killed the blog star (part 3)

Mi sono iscritto a fb molti mesi fa.
Ho pensato che avrebbe potuto essere utile al mio lavoro, oltre che soddisfare la mia curiosità da smanettone e voyeur sociale.


A differenza di alcuni conoscenti che hanno deciso di accettare qualsiasi “amicizia”, ho cercato di selezionare i veri amici e i conoscenti e, per quanto riguarda il lavoro, solo le persone effettivamente conosciute (tranne, lo ammetto, qualche eccezione cui non ho saputo resistere, e vorrei vedere voi).
Quando riesco, faccio un giro e il mio ego è appagato nell'apprendere che i miei oggi 199 amici sono nella media dell'utente medio, anche se così pochi rispetto ai miei “amici” più assidui.

Mi sono commosso un po' nel riconoscermi in foto dimenticate, distribuisco i miei mi piace quando leggo qualcosa per cui sorrido, ho selezionato Carmelo Bene e Stanley Kubrick tra i miei artisti preferiti, ho sorriso rivedendo un vecchio conoscente perduto tanti anni fa, sono diventato "amico" di qualche bonazza curiosa o di qualche anima timida e gentile, ho pubblicato una irrestitibile versione live di Sparks degli Who tratta dall’immancabile Wolfgang’s Vault, sono stato contattato da una simpatica liceale che voleva usare per la sua tesina una mia vecchia ricerca su D'Annunzio e il mondo musicale, ho sorriso agli auguri di compleanno ricevuti anche quest’anno (anche se non ho ancora imparato come si fa a ricevere notifica dei compleanni altrui).
Insomma un utente medio, anche se criticamente medio.

Fb è un'altra manifestazione della trasformazione della nostra cultura e della nostra conoscenza da analitica a sintetica, del passaggio dalla cultura basata sull'approfondimento alla cultura dell'immediato, del frammento, della citazione e della rapidità.
Ulterirore sacrificio dell’analisi in favore della sintesi.

Così rimpiango i blog - messi in crisi da fb e da Twitter (la sua versione cocainomane) - e l'obbligo che impongono di espandere il pensiero e di avere tempo per farsi leggere.
 

Fb e i social network, destinati a cambiare il mondo della comunicazione, sono l'inevitabile alternativa al’imminente tramonto lento della TV degradata.

Hanno già vinto, come vinsero i “telefonini”, ma sono per me già il fastidioso rumore di fondo di questi anni in rete, come una muzak invadente da cui ho sempre più bisogno di disintossicarmi con un po' di pensiero strutturato, come in queste righe un po' noiose.

10 commenti:

listener-mgneros ha detto...

Sai che sono un utente di FB da lungo tempo (3 anni) e che cerco di essere coerente anche sui Social Network rispetto al mio blog e alla mia indole. Difatti mi hanno già oscurato una volta e avvisato un paio.
Precisato questo...l'anno scorso ho riaperto il blog dopo un anno di fermo. Ne sentivo la mancanza in termini di libertà e di selezione alla porta. Ho scoperto che molti idioti si sono trasferiti la e che molti blogger che tendevano a dare un immagine di loro tale da rendere il diabete una malattia endemica, e qualsiasi gesù cristo un turista dell'inferno, hanno chiuso il blog e perseverano nella loro "ricostruzione" personale sui S.N. Sono comunque sempre più puri sempre più mielosamente modesti e viscidamente vittimistici. Ora se vogliono prendere della figa fanno bene ma un pochino più di metodo e onestà non farebbe male.

Forse i blog sono meno frequentati e meno a la page al momento. questo non lo considero per nulla come un male.

Infine: alla riapertura del blog con piacere ho scoperto che proprio i blogger che stimavo e leggevo erano quelli che, magari a volte con più parsimonia, continuavano a scrivere e sopratutto a comunicare.

Arimondi ha detto...

Tu dici che quindi un po' più di selezione non guasta?
Meno audience ma, forse, più qualità. E' una buona teoria.

Anonimo ha detto...

concordo in toto, quello che tu chiami "pensiero strutturato" o anche solo il saper argomentare sono il segno di una mente che sa prendersi il tempo per riflettere.. all'interno di un contesto appiattito e banalizzante, probabilmente oggi è la più alta forma di Resistenza.

darkste ha detto...

Caro Arimondi.
Tre post crudi, reali, analitici.

Mi sono iscritta a FB l'anno dopo che ho aperto il blog. Fu un amico che studiava in america a dirmi "sei vecchia, superata, il blog, vai qui, scrivi qui."

Mi piacciono le frasi brevi d'impulso. Mi piace a giorni cancellare amici, gente che non conosco e con cui non mi interessa interagire. Pero' adoro anche il poter essere maledettamente prolissa come nel blog senza i MI PIACE, senza l'approvazione.

Il blog per me è stato un diario. Ho scritto molto qui: di sofferenza e di gioia, di novità e cose passate. Ma lo distacco dal concetto di socialità. Non ho mai pensato, aprendo il blog di creare una "rete sociale". Ho solo pensato di scrivere quella minchia che mi pareva parlando a nessuno.

Poi intelligenti bloggers, che ritrovo a distanza di anni, hanno iniziato ad aggiungere il loro pensiero al mio senza ingerenza o costrizione. Una sorta di racconto a quattro, sei, otto, dieci mani.

Ho sempre rifiutato chi veniva attratto dalla mia pagina pensando "oooo qui si cucca ".

Per me è e resta uno sfogo nell'etere. Distante da FB, distante dal concetto di socialità ultra post moderna alla quale ci vogliono costringere.

Fui chiara??? :D Chiara mai stata!

Arimondi ha detto...

L'idea del blog come Resistenza personale e sociale mi piace.

Ma credo sia molto difficile che funzioni dal punto di vista sociale - bisognerebbe riuscire davvero ad avere una scrittura magica e fascinosa, capace di richiamare un vero "pubblico" e soprattutto aver la pretesa di poter dire cose veramente significative.
Alcuni ne sono capaci, non io.

Per me è più Resistenza personale. Una resistenza emotiva direi. Necessaria per trovare una modalità di espressione prima di tutto, poi una possibilità di espressione diversa dal diario (che non offre possibilità di confronto), capace, forse, di ricevere ascolto.
Mi stimola l'idea di essere – anche solo in teoria – valutato per quello che scrivo. Mi impone una disciplina di contenuti e di scrittura che nel diario fatico a darmi. Il blog censura certi aspetti che nel diario sono spesso presenti: l'autocommiserazione, la divagazione solipsistica e la deriva depressiva. E mi stimolano invece una riflessione meno personalistica.

Ste, c'è sicuramente un po' di esibizionismo in questo nostro modo di tenere un “diario pubblico” e hai ragione tu quando rendi chiaro che fb e i blog sono due cose completamente diverse. E che fb va preso con la leggerezza che si merita.

andrea sessarego ha detto...

Beh, a me un pò mi ha ucciso facebook [anche se non mi sento una star :)]. Diciamo che quando ho iniziato il blog mi piaceva l'idea di mettere su un video di una canzone e scrivere qualche cosa d'intorno, e la cosa mi impegnava molto, la scelta della canzone, ricerche spesso nella memoria e a volte con ausilio elettronico. Sono quindi entrato in facebook con diffidenza e con un nome finto, avvisando un pò di conoscenze, tanto per vedere come funzionava. Quando ho visto com'era più semplice rispetto al blog mettere un video (o 20) ci sono rimasto di merda. Per un pò ho tenuto il piede in due scarpe, poi facebook ha preso il sopravvento e ormai la mia frequentazione del/dei blog è molto sporadica. Premetto che però prima del blog io bazzicavo su Myspace, quindi un pò il meccanismo di un social network (anche se non sapevo bene cos'era) lo conoscevo, tanto che molti dei miei contatti iniziali di fb venivano da lì. Mi fa piacere rivedere nei commenti anche "darkste", anche se ho sempre trovato il tuo blog difficile da leggere con tutto quel nero (sò cecato, che ci posso fà?). E mi piacerebbe ritrovarvi su fb. Ma. Sarebbe curioso capire perchè sui blog (e Myspace) tutti usano uno pseudonimo e su fb no? (io invece faccio il contrario, perchè? boh?) Quindi, caro Arimondi e cara Darkste, come vi trovo?

Arimondi ha detto...

Ciao Andrea,
beh i tuoi commenti un po' circostanziati ai video sul blog a me piacevano. Su FB, come ho scritto, ci si limita di solito a qualche frase lapidaria o d'effetto. Mentre sappiamo bene quanto un video musicale possa essere argomento di conversazioni, anche infinite. Oggi per esempio con alcuni colleghi siamo partiti da Allevi per finire ad Harold Budd passando per Mike Oldfield, i Soft Machine e i League of Gentlemens di Robert Fripp.
Usare uno pseudonimo (per quanto può servire) mi fa sentire più libero di affrontare argomenti che - per motivi soprattutto lavorativi - avrei più difficoltà a trattare, per riservatezza e pudore, se usassi il mio vero nome. Ma non è escluso che in un futuro magari anche prossimo accada.
Per il nome vero per FB, no problem, te lo mando via email.

andrea sessarego ha detto...

certo che passare da Allevi a Robert Fripp...ok che entrambi portano gli occhiali, però... :)

andrea sessarego ha detto...

Ma lo sai che sei completamente diverso da come ti immaginavo vedendo solo quell'occhio lì?

listener-mgneros ha detto...

se vi date i bacini vomito :)