Dopo quella infausta mostra di due anni fa – inno alla vacuità kitsch elevata all’ennesima potenza – cerco di diffidare degli artisti che usano i grandi nomi dello spettacolo per le proprie creazioni.
Non è il caso della bella mostra VOOM Portraits, dove le rappresentazioni visive di Bob Wilson fissano su schermi al plasma ad alta definizione dei “quadri viventi”, che propongono personaggi della cultura e dello spettacolo, uomini comuni ed animali.
Il protagonista di ogni video ritratto appare immobile, ma è il suo respiro a tradire la vitalità che traspare dalle opere. Altre volte compie azioni reiterate e simboliche, che possono essere riempite di significato da citazioni radicate nella storia della cultura, della pittura o dei media. Come l’irresistibile sguardo ironico di un impaziente Steve Buscemi, macellaio insanguinato di fronte al quarto di bue pronto ad essere sezionato.
Wilson sperimenta questa forma espressiva con il video analogico fin dagli Anni '60. Negli Anni '70 la TV tedesca ZDF trasmette in loop i suoi ritratti viventi al posto del monoscopio di fine trasmissioni. Oggi tutto è reso con grande efficacia e vividezza dall’alta definizione. La mostra è realizzata con il contributo della TV via satellite VoomHD che ha commissionato più di 150 opere. Un bel connubio di arte e tecnologia, a mio parere.
Quello che viene salvaguardato è l’umanità delle figure, dove persone normali acquistano una profondità quasi caraveggesca, come con il meccanico Norman Paul Fleming.
Mi piace immaginare di avere in casa uno schermo HD che riproduce questi tableaux vivants digitali, normale evoluzione del porta-fotografie digitale che va oggi a ruba nei negozi di elettronica di consumo.
Tra le opere, la più intensa di tutti mi pare quella di Wynona Rider, il cui viso immobile, incorniciato da una corona di splendidi fiori, osserva allucinato per circa quindi minuti le proprie ossessioni femminili ed erotiche - una pistola, una borsetta, uno spazzolino da denti - mentre il passare del tempo viene scandito dall’alternarsi di giorno e notte, in un’alternanaza cromatica lenta e mozzafiato.
L’opera è ispirata dall’agghiacciante Giorni Felici di Samuel Beckett, opera teatrale in cui una donna qualunque, sprofondata inessorabilmente nella sabbia, accanto ad un marito dal cranio sfondato, cerca di convincersi in un frenetico affabulare di vivere comunque una quotidianità bellissima e felice.
Wilson rilegge questa vicenda del Teatro dell’Assurdo con la freddezza del digitale, svuotandola dell’elemento angosciante e ottenendo un risultato molto alto.
Altrettanto bella Carolina di Monaco raffigurata immobile con un profilo nobile e fiero, in un bianco e nero che rimanda alla madre Grace Kelly nel film La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock.
Anche personaggi celebri come Brad Pitt riescono irresistibili quando, in mutande sotto la pioggia, sfogano la loro virilità con una pistola ad acqua.
Altri si spogliano di qualsiasi volgarità grazie alla stautuaria immobilità della loro bellezza, come la sensualissima Dita von Teese, costretta sadicamente (per lei e per noi) a stare immobile su un trapezio.
Finendo con le profonde rughe dello scrittore Gao Xionjian il cui viso scavato viene attraversato dalla scritta “La solitudine è una condizione necessaria alla libertà”.