Mi ha mandato queste righe sul libro di Paolo Giordano La solitudine dei numeri primi, che, come si dice, "volentieri pubblichiamo".
E' un libro di cui si parla molto e sembra generalmente apprezzato, per cui qualcuno qui intorno che l'ha letto (e magari vuole dirci cosa ne pensa) c'è di sicuro. Io non l'ho ancora fatto ma lo farò.
Non leggevo così d’un fiato da moltissimo tempo. Mia Madre mi aveva detto che era un libro che ti sollecitava ad andare avanti. Come un giallo. Ma non sapevo esattamente cosa aspettarmi, anzi, dalla presentazione seguita sulla terrazza del Castello di Acicastello (CT), in una serata torrida con l’autore arrostito sotto i riflettori, non avevo affatto ricevuto l’impressione che si trattasse di un vero e proprio romanzo. Piuttosto di racconti sull’infanzia e l’adolescenza.
Non è così. Il libro esplora molto di più, con una costruzione narrativa leggera, e per me nuova.
Tratta della vita degli studenti di una classe. Tutti legati da coincidenze, eventi, malesseri e cattiverie contorte. Ad ogni capitolo ti aspetti che il registro cambi, che non vi sia ancora un filo di Arianna che conduca al prossimo scenario. Le inquadrature sono compiute in sé, tanto quanto in relazione le une alle altre. Molto gradatamente siamo spinti in avanti da piccoli colpi di scena, che svolgono l’impeccabile struttura narrativa.
Il destino gioca un grande ruolo, lieve e ineluttabile come un vento serale. Può ritardare di un’ora, non di più. I personaggi entrano in rotta di collisione, per poi schivarsi all’ultima frazione di secondo. Giordano non indulge, dice le cose come stanno, riesce a non trasfigurare, se non nei momenti in cui entra sinuoso nelle fantasie dei personaggi, allora descrive metafore matematiche e fenomeni fisici ammalianti. La tensione superficiale dei liquidi, i moti convettivi e altre meraviglie dell’universo restituiscono a chi legge, un senso di genuino rapimento davanti alla vita. In quei momenti il silenzio siderale afferma l’armonia delle cose che funzionano come devono.
L’estetica del testo riposa lì, in questi spazi mentali e reali ad un tempo, che restano imperturbati dagli accidenti mondani. Un contrappasso meraviglioso nella narrazione.
La bambina Alice, da angelo delle nevi diventa donna trentenne, con da sempre appresso la sua brava anoressia. Ne seguiamo il tracciato, i giochi terribili della tempistica di conversazioni difficili, sulle quali gioca un’intera vita. I movimenti dell’anima sono un territorio fascinoso e irregolare che attrae l’autore tanto quanto quelli dell’esattezza algebrica. Qualcosa che crescerà ancora, credo, facendo cadere giù qualche velatura di colore forse troppo netta.
Il testo è orchestrato con immenso lavoro di ripulitura. In questo gran lavoro riconosco la virtù di non perdere immediatezza.
Un libro da rileggere ancora.
E.d.L.
3 commenti:
non c'entra niente col post.
posso linkarti al mio blog?
:-)
Ne sarei onorato, raffis!
grazie :-)
fatto.
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