Torno a viaggiare regolarmente con la metro milanese.
Sperimentiamo un po' di podcast. Non si può vivere solo di morningplaylist.
Tra tutti i podcast a portata di mano provo questo di Salvatore Natoli sulla filosofia. Non lo conosco. Anche se ho sentito parlare di neopaganesimo, mi sembra il meno peggio tra un Grillo o un Travaglio (non sopporto chi urla alla mattina), un RadioDj, un Fiorello (non sopporto e basta).
Filosofia in pillole di otto minuti... fa abbasanza ridere no?
Però il filosofo già nei primi otto minuti mi dà una chiave di lettura: come si spiega questa dilagante fame di convegni sulla poesia, sulla letteratura, sulla filosofia che animano le nostre città in questi anni?
Si spiega perché viviamo in un mondo dove il consumo domina tutto.
E il consumo non ha un senso.
Per questo le persone dotate di una qualche curiosità cercano questo senso, e alcune lo cercano nella cultura, laddove la religione da tempo non lo fornisce più.
Con ciò diventano a loro volta consumatori. Consumatori di cultura. Un consumo caratterizzato da una ricerca di senso.
Esco della metro, un po' perplesso, con le mia cuffie in testa, mi sento consumatore di cultura. Senza molto più senso di prima però.
Ritenterò.
Approfittare dell'occasione di non scrivere solo per sé, per confrontare il proprio pensiero con ciò che accade intorno. Insomma, per vedere - non più di nascosto - "l'effetto che fa".
22 settembre 2008
14 settembre 2008
08 settembre 2008
Numeri Primi
Una cara amica, che qui si chiamerà E.d.L. , non ha (per ora) grande dimestichezza con i blog, ma ha invece confidenza con la scrittura (e l'arte).
Mi ha mandato queste righe sul libro di Paolo Giordano La solitudine dei numeri primi, che, come si dice, "volentieri pubblichiamo".
E' un libro di cui si parla molto e sembra generalmente apprezzato, per cui qualcuno qui intorno che l'ha letto (e magari vuole dirci cosa ne pensa) c'è di sicuro. Io non l'ho ancora fatto ma lo farò.
Non leggevo così d’un fiato da moltissimo tempo. Mia Madre mi aveva detto che era un libro che ti sollecitava ad andare avanti. Come un giallo. Ma non sapevo esattamente cosa aspettarmi, anzi, dalla presentazione seguita sulla terrazza del Castello di Acicastello (CT), in una serata torrida con l’autore arrostito sotto i riflettori, non avevo affatto ricevuto l’impressione che si trattasse di un vero e proprio romanzo. Piuttosto di racconti sull’infanzia e l’adolescenza.
Non è così. Il libro esplora molto di più, con una costruzione narrativa leggera, e per me nuova.
Tratta della vita degli studenti di una classe. Tutti legati da coincidenze, eventi, malesseri e cattiverie contorte. Ad ogni capitolo ti aspetti che il registro cambi, che non vi sia ancora un filo di Arianna che conduca al prossimo scenario. Le inquadrature sono compiute in sé, tanto quanto in relazione le une alle altre. Molto gradatamente siamo spinti in avanti da piccoli colpi di scena, che svolgono l’impeccabile struttura narrativa.
Il destino gioca un grande ruolo, lieve e ineluttabile come un vento serale. Può ritardare di un’ora, non di più. I personaggi entrano in rotta di collisione, per poi schivarsi all’ultima frazione di secondo. Giordano non indulge, dice le cose come stanno, riesce a non trasfigurare, se non nei momenti in cui entra sinuoso nelle fantasie dei personaggi, allora descrive metafore matematiche e fenomeni fisici ammalianti. La tensione superficiale dei liquidi, i moti convettivi e altre meraviglie dell’universo restituiscono a chi legge, un senso di genuino rapimento davanti alla vita. In quei momenti il silenzio siderale afferma l’armonia delle cose che funzionano come devono.
L’estetica del testo riposa lì, in questi spazi mentali e reali ad un tempo, che restano imperturbati dagli accidenti mondani. Un contrappasso meraviglioso nella narrazione.
La bambina Alice, da angelo delle nevi diventa donna trentenne, con da sempre appresso la sua brava anoressia. Ne seguiamo il tracciato, i giochi terribili della tempistica di conversazioni difficili, sulle quali gioca un’intera vita. I movimenti dell’anima sono un territorio fascinoso e irregolare che attrae l’autore tanto quanto quelli dell’esattezza algebrica. Qualcosa che crescerà ancora, credo, facendo cadere giù qualche velatura di colore forse troppo netta.
Il testo è orchestrato con immenso lavoro di ripulitura. In questo gran lavoro riconosco la virtù di non perdere immediatezza.
Un libro da rileggere ancora.
E.d.L.
Mi ha mandato queste righe sul libro di Paolo Giordano La solitudine dei numeri primi, che, come si dice, "volentieri pubblichiamo".
E' un libro di cui si parla molto e sembra generalmente apprezzato, per cui qualcuno qui intorno che l'ha letto (e magari vuole dirci cosa ne pensa) c'è di sicuro. Io non l'ho ancora fatto ma lo farò.
Non leggevo così d’un fiato da moltissimo tempo. Mia Madre mi aveva detto che era un libro che ti sollecitava ad andare avanti. Come un giallo. Ma non sapevo esattamente cosa aspettarmi, anzi, dalla presentazione seguita sulla terrazza del Castello di Acicastello (CT), in una serata torrida con l’autore arrostito sotto i riflettori, non avevo affatto ricevuto l’impressione che si trattasse di un vero e proprio romanzo. Piuttosto di racconti sull’infanzia e l’adolescenza.
Non è così. Il libro esplora molto di più, con una costruzione narrativa leggera, e per me nuova.
Tratta della vita degli studenti di una classe. Tutti legati da coincidenze, eventi, malesseri e cattiverie contorte. Ad ogni capitolo ti aspetti che il registro cambi, che non vi sia ancora un filo di Arianna che conduca al prossimo scenario. Le inquadrature sono compiute in sé, tanto quanto in relazione le une alle altre. Molto gradatamente siamo spinti in avanti da piccoli colpi di scena, che svolgono l’impeccabile struttura narrativa.
Il destino gioca un grande ruolo, lieve e ineluttabile come un vento serale. Può ritardare di un’ora, non di più. I personaggi entrano in rotta di collisione, per poi schivarsi all’ultima frazione di secondo. Giordano non indulge, dice le cose come stanno, riesce a non trasfigurare, se non nei momenti in cui entra sinuoso nelle fantasie dei personaggi, allora descrive metafore matematiche e fenomeni fisici ammalianti. La tensione superficiale dei liquidi, i moti convettivi e altre meraviglie dell’universo restituiscono a chi legge, un senso di genuino rapimento davanti alla vita. In quei momenti il silenzio siderale afferma l’armonia delle cose che funzionano come devono.
L’estetica del testo riposa lì, in questi spazi mentali e reali ad un tempo, che restano imperturbati dagli accidenti mondani. Un contrappasso meraviglioso nella narrazione.
La bambina Alice, da angelo delle nevi diventa donna trentenne, con da sempre appresso la sua brava anoressia. Ne seguiamo il tracciato, i giochi terribili della tempistica di conversazioni difficili, sulle quali gioca un’intera vita. I movimenti dell’anima sono un territorio fascinoso e irregolare che attrae l’autore tanto quanto quelli dell’esattezza algebrica. Qualcosa che crescerà ancora, credo, facendo cadere giù qualche velatura di colore forse troppo netta.
Il testo è orchestrato con immenso lavoro di ripulitura. In questo gran lavoro riconosco la virtù di non perdere immediatezza.
Un libro da rileggere ancora.
E.d.L.
Law and Order
Da qualche giorno volevo commentare la presenza dei militari per le strade.
Lo faccio linkando il post dell'amico Sergio Messina aka Radio Gladio, tratto dal suo articolo su Rumore, che sottoscrivo.
Foto courtesy Sergio Messina - Radio Gladio
07 settembre 2008
02 settembre 2008
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