La premessa è che vedo in questi giorni cose allarmanti.
Un'arroganza mai vista nel potere istituzionale, che fa di tutto per difendere se stesso.
Mi allarma ancora di più che in pochi siano allarmati.
Chi ha saltato il fosso perché conviene, chi da anni si culla nella mercificazione della mente e dello spirito critico, chi dice di aver ormai visto tutto e scuote le spalle, chi sconsolato sostiene che "vale tutto", chi ha la visione anestetizzata dalla propria scorza di cinismo.
Non invoco alcuna purezza, ma solo la libertà di essere preoccupato e cercare di immaginare di poter fare qualcosa.
Uno dei metodi tipici per deviare l'attenzione dai veri problemi, in questi giorni di rivoluzioni nel Nord Africa, è quello di inventare i "nemici" alla frontiera, il terrore dell'invasione islamica.
Oggi mi è capitato per caso tra le mani un libro di cui non conoscevo l'esistenza e che non esiterò a comprare appena possibile. Alan Lomax, L'anno più felice della mia vita. Un viaggio in Italia (1954-55), Il Saggiatore, 2008.
Alan Lomax è un celebre musicologo e ricercatore americano che passò un anno della sua vita in Italia per registrare le manifestazioni della musica popolare italiana. Girando con il suo registratore a nastro insieme all'etnomusicologo italiano Diego Carpitella, attraversò la penisola in cerca di testimonianze musicali.
Le sue registrazioni - che non si limitano al patrimonio italiano - sono celeberrime, fanno ormai parte dei patrimonio dell'umanità e sono state tra l'altro usate nella musica pop (vedi per esempio Moby, Play).
Un'ampia selezione di registrazioni può essere ascoltata qui.
Quello che non sapevo è che Lomax fosse anche fotografo. Il libro presenta una serie di splendide foto in bianco e nero scattate in molti paesi italiani che documentano in modo commovente le persone che popolavano l'Italia rurale degli anni Cinquanta.
Osservando queste foto mi sono venute in mente le immagini della Tunisia, dell'Egitto e della Libia di questi giorni di ribellione. Uomini e donne civili, attanagliati da una miseria atavica, vestiti di poveri vestiti, ma armati di grande dignità.
Scrive Lomax che gli italiani del mondo contadino di quegli anni sono uomini piegati dal lavoro duro, che solo nei giorni festa possono permettersi un bicchiere di vino, rarissimamente un piatto di carne. Un paese dove le donne, coperte da veli neri, hanno la proibizione di uscire da sole o incontrare altri uomini. O dove gli stili canori, soprattutto quelli del Sud, hanno melismi che davvero si confondono con quelli della musica araba.
Guarda Guarda.
Ma quello che descrive Lomax negli anni cinquanta è un paese islamico del Nord Africa o la cattolicissima penisola italiana?
Povera Italia, così immemore della sua condizione di soli cinquanta anni fa.
10 commenti:
La memoria non fa parte delle qualità di un popolo di santi navigatori e eroi, ne' di quelle di un accozaglia "pizza e mandolino" tanto meno la si trova tra chi vuole armature in doppio petto e erezioni emulsionate con polveri bianche...la memoria costa fatica e la fatica sembra non aver posto in questa striscia bavosa chiamata..chiamata..cazzo..non mi ricordo il nome di questo paese.
Che smemorato che sei, si chiama...aspetta un attimo...vediamo su gooooogle, wikipedofidia...no, ecco mi sembrava che...ora invoco lo spirito di Alan Lomax...
Bel posto Arimondi, continua così! Mi è venuto un commento a valanga che spezzo in 3, che poi si incentra sugli antichi Liguri, nostri comuni antenati (sia dei Piemontesi che dei Genovesi ecc.).
Vediamo perché.
1) Alan Lomax e i Melismi.
Un periodo preoccupantissimo, concordo pienamente. Squallore e mancanza di valori nelle nuove generazioni, Berlusconi and the rest, sommovimenti in molte parti del mondo: il mondo musulmano a pochi km da casa che salta come una pentola a vapore, l’America dei TeaPartiers, che mi angoscia non meno, i paesi del BRIC (Brasile russia India Ciina) che a breve ci fanno il culo a strisce.
Ed è vero che in pochi siamo allarmati. In realtà non frega un cazzo a nessuno. Come quando si stava affermando Hitler in Germania (non che Berlusconi sia come Hitler, avrà difetti ma così no) o i Turchi assediavano Costantinopoli e la popolazione tifava per le squadre locali (rossi e azzurri?). L’assuefazione e rassegnazione: il peggior pericolo.
Questo post è stimolante e ricco per el Hombre de Roma semre a caccia, carissimo Adolfo, io scherzo sempre ma in realtà è un modo per scacciare la bruma attorno al cuore, che c’è purtroppo a volte. La cioccolata fondente magra all’80% con dentro il ginseng mi aiuta però, e pare pulisca le arterie alla grande.
Alan Lomax non lo conoscevo affatto, e il richiamo al melismo è una cosa fantastica, questo rimanere su una sillaba, che poi in fondo il gregoriano è ciò che ci rimane della musica antica, e cherry on the pie, i contadini dell’Italia specie del sud, i più interessanti dal punto di vista etnografico dato che al Nord l’industrializzazione ha spazzato un po’ tutto.
O forse no?
E allora parliamo dei nostri antenati Liguri e ci vorrebbe qui un 'Man of Liguria'.
Poi in fondo nel mio blog di Manius Papirius Lentulus ambiento una parte delle puntate ad Augusta Taurinorum, anche se siamo nel 526 DC.
Tra l’altro ho scoperto che abitanti della Liguria – già lo sapevi credo – e Piemontesi vengono dallo stesso ceppo: celtici ma soprattutto liguri. I Taurini (futuri Torinesi come è noto) erano Liguri molto più che celtici
I Liguri perciò– io lo sono al 50%, tu dunque al 100% – come scrive Ettore Pais - erano forse il più antico popolo dell’Europa occidentale (molto più primitiva dell'Orientale nell'antichità ovv.), “popolo rozzo, robusto e tenace” che si stabilirono un po’ ovunque sulle Alpi, in Francia del sud e in Occidente, allora molto più rozzo dell’oriente greco, fenicio, ebraico ecc. Anche gli Euganei erano probabilmente liguri. Ma si sono spinti anche al centro e al sud Italia.
A Roma, al tempo del Septimontium, i romani divetterlo cacciarli via.
(segue)
2) Ma chi erano questi Liguri.
Intanto le fonti antiche concordano che erano tostissimi e, come i Celti, prima estesissimi, ma poi ridimensionati. Il greco Esiodo (VIII secolo A.C. quindi contemporaneo di Omero), quando ricorda i grandi popoli barbari, menziona: a) a mezzogiorno gli Etiopi, b) ad oriente gli Sciti, c) ad occidente i liguri. Quindi per un periodo la loro estensione fu enorme.
Conquistarono dicevo anche parte della Francia meridionale e dai Greci di Massilia poi Marsiglia impararono l’arte raffinata della navigazione, per poi attaccare la stessa Massilia che li aveva dirozzati (erano furbi e strategici, forse un tantino scorretti). Intervennero i Romani che ne approfittarono per estendere la loro influenza nel sud della Francia (devo rivedere questo puntom ma penso sia esatto) e che diventerà la loro ‘Provincia’ preferita, da cui il nome di Provenza.
Non furono semplici i Liguri da stanare. Cavolo, se ne stavano arroccati sulle montagne come aquile. Ma i Romani, oltre ad essere tosti come loro (ma tenacia da contadino, lhai spiegato bene nel post, che zappa, magia poco: scarpe grosse cervello di molto fino), avevano in più organizzazione e tecnologia. In parte dunque li bonificarono (cioè li sterminarono in modo sistematico) , in parte li assimilarono, in parte li deportarono nel Sannio (Molise, zona Isernia, Montenero di Bisaccia ecc. da cui viene Di Pietro, tosto come la pietra: dove si mischiarono con i Sanniti grandi nemici dei Romani - e anche lì secoli dopo i romani esasperati 'ribonificarono', e infatti Isernia si vede che viene da 'terra bruciata': quando la conobbi io nel 72 era la provincia con il triste record di essere la più arretrata di Italia in assoluto - oggi è un poco diverso), e anche il paese di Pietro, non puoi capire allora che era. Il resto del sud un eden al confronto. I Romani erano spietati. Se decidevano di sterminare un popolo (solo perché razionalmente lo reputavano pericoloso 'per la sicurezza nazionale') non ci andavano leggeri. E con i Sanniti, i Marsi ecc si è trattato di vita o di morte, era gente che se vinceva, 'bonificava' loro. Il che li costrinse a modificare la falange greca inadatta alle montagne e a creare le centurie che risulteranno vincenti su tutto il Mediterr. Divago. Dicevo, arrivati i Liguri nello Sannio, secoli dopo si mischiarono con quegli albanesi che fuggivano dai Turchi: Di Pietro viene da tre ceppi almeno forse: Liguri, locali (Sanniti ecc.) e albanesi. Nel 72 sentivo in Molise parlare Albanese, e Tanassi, di Ururi vicinissimo a Montenero, quando c'era lui al ministero (deglii Interni?) ti rispondevano al telefono in albanese - ridacchiavano quelli di Montenero. Lo so bene, perché Magister, il mio mentor, era in parte di Montenero. un'espeerienza sconvolgente che mi ha cambiato e rintostato.
Pais poi riafferma che gli antichi non parlarono solo male dei Liguri (dicevano infatti che erano primitivi, avari e mendaci: vedi episodio Marsiglia; e avari: secoli dopo, i corsi, anche essi con sangue ligure, sotto Genova, preferirono di gran lunga i Francesi: il gretto calcolo commerciale dei Genovesi in quell'isola stessa li aveva sfruttati ed esasperati ).
Dicevano gli antichi dei Liguri anche che erano navigatori arditissimi. "Gli scrittori Greci parlano con viva ammirazione della loro attività e pertinacia nel lavoro. Dicono delle donne Liguri che erano anche più toste degli uomini. Subito dopo il parto riprendevano gli usati lavori. (!!) I soldati Liguri nell'esercito romano erano celebrati per la loro agilità."
(segue)
3) Liguri, gente diversa
"Anche oggi - prosegue Pais a p. 57 della sua Storia dell'Italia Antica che apparteneva a mio nonno e tuo bisnonno Mario B - i Liguri sono fra le genti più robuste ed attive d'Italia (Pais scrive nel 1925 e si riferisce ovv. a Liguria e Piemonte). Nell'età antica, come nella moderna, i Liguri hanno rivelato soprattutto abilità pratica ed amore al lucro."
"I versi con i quali Dante flagella i Genovesi trovano in fondo riscontro nel mordace giudizio di Catone il Vecchio" aggiunge Pais (o Catone il Censore - 234 - 149 A.C. - per distinguerlo dall'altro Catone, il giovane o l'Uticense - 95 – 46 A.C. - sconfitto tempo dopo da Cesare e stoicamente uccisosi a Utica, in Africa):
Catone il Vecchio, dunque, nelle sue 'Origines' dichiarava (dice Pais): "Sono tutti illetterati e mendaci ed hanno dimenticato soprattutto ciò che è il vero." Parole, commenta Pais, che riguardano "sia il loro stato di cultura che le caratteristiche morali."
Pais non riporta le parole di Dante su Genova, e allora eccole qui, perché sono belle (Inferno, 33, vv. 151-157):
Ahi Genovesi, uomini diversi
d'ogni costume, e pien d'ogni magagna,
perché non siete voi del mondo spersi?
Beh, Dante inveiva contro tutti ma questo 'uomini diversi' è interessante. Siamo prima del grande exploit di Genova che incamererà tutto l'oro delle Americhe durante il Rinascimento. E' interessante perché verissimo diavolo! I piemontesi e i genovesi sono Italiani atipici. Veramente ma veramente diversi da tutti cazzo.
Adoro Luciana Littizetto, torinese nata nel 64, e tostissima come di Pietro. Li accomuna ... ma chi lo sa, sicuramente l'odio per il Berlusca, non ci sono dubbi la-dessus.
Come si dimostra (o vorrei dimostrare) che la storia è magistra vitae (ok quella mia è un poco ad effetto forse).
Ti voglio bene.
(dirlo è romano più che ligure?) ;-)
Giovanni
PS
Magari a tua madre e le 2 sorelle, cioè le mie cugine prime, queste cose possono interessare, non lo so.
Grazie Cives Romanus. Onorato come sempre.
Dunque dici che sposando una scozzese non ho fatto altro che ricongiungere inconsciamente la famiglia con gli antichi antentati celti?
Sorelle e madri avranno sicuramente accesso a queste parole, dato che sono abilmente informatizzate.
E combattiamo le brume del cuore. Oppure alternativamente assecondiamole, quando sono feconde.
Beh mo' m'hai provocato ... ;-)
Beh, dicevo che Liguri (da cui i Liguri di oggi e i Piemontesi) non erano Celti, ma di stirpe Ligure, un popolo diversissimo dai Celti e forse il più antico d’Europa. Certo si mischiarono con i Celti della Gallia Cisalpina (l'attuale Italia del Nord al di qua dell'Appennino).
Quindi sono diversi anche oggi. Ecco il grido di Dante ‘gente diversa!’.
Infatti, parliamoci chiaro, ma piemontesi-genovesi e mettiamo i Milanesi, ma secondo te si piacciono?
Chiesi ad un mio carissimo amico milanese che vive a Roma:
“Che ne pensi dei Torinesi?” Mi rispose con un’altra domanda: “Ma scusa, ma tu ti fideresti di un Torinese?”. Bah .. dimenticava chi era mio padre.
IN DEFINITIVA (e ti rispondo): io direi che tu sposando una celtica al 100% non hai fatto che junghianamente cercato di ricongiungere (o continuato a cercare di ricongiungere) il sangue ligure antico con quello dei Celti italici, che diversissimi, ma, confinanti, un rapporto di odio e amore dovevano pure averlo.
I celti italici vicini dei Liguri, i Romani li chiamavano ‘togati’ al tempo di Cesare, per distinguerli dai Galli più rozzi della Francia (Gallia transalpina) che Cesare assoggetterà.
Infatti i galli togati cisalpini, pur se preval. rosci di capelli, portavano la toga ed erano profondamente romanizzati. E Bossi è una minchia (anzi un furbacchione) poiché questi ‘rosci’ dell’Italia del nord erano in realtà il fulcro delle legioni cesariane che conquisteranno la Francia. Pensa, celti contro celti, u
na cosa un pochino tragica in fondo.
[Cesare per ringrazimanento darà loro la cittadinanza romana e unificherà l'Italia! Ergo il rozzo Bossi celebrando la Padania e i celti, in realtà celebra l'unità di Italia che essi hanno realizzato!]
Tra l’altro, da questi Galli profondamente romanizzati ma certo provinciali rispetto a Roma verranno fuori tra i più grandi poeti romani del periodo aureo della letteratura romana: Virgilio e Catullo (e altri che non ricordo: in pratica TUTTO il circolo dei ‘poetae novi’ - vedi la voce wiki - che ebbe come ispiratore il gallo 'togato' Publio Valerio Catone).
Essi fecero una specie di patatrac nel panorama letteraio romano, perché portarono uno spirito mistico e romantico che a Roma fece sensazione in quanto molto diverso e molto 'celtico' (gli scrittori romani sono più maliziosi, pratico, pungenti oppure meravigliosamente classici e razionali, come Giulio Cesare, Catone ecc., anche quel pallone gonfiato di Cicerone in fondo).
Non a caso Orazio, che era amico di questi poeti nuovi, ma che veniva da Venosa in Lucania (dove oggi nella piazza c’è un bel monumento in onore del loro più illustre cittadino), era molto più ‘classico e razionale’, molto più classicamente romano (e greco: una specie di Pindaro nostrale).
Entrambi, il celtico Virgilio e il romano Orazio, sono i nostri più grandi poeti latini.
Cesare, con i suoi commentari, il più grande prosatore latino e, a mio avviso, l'esempio più meraviglioso di razionalità romana.
I tuoi figli dovrebbero leggere il De Bello Gallico. Racconta una immane tragedia - l'annientamento della cultura celtica nell'attuale Francia-Belgio, 1/4 dei galli uccisi, 1/4 resi schiavi, 800 città distrutte - (con lotte mozzafiato e i romani sempre a farcela per il rotto della cuffia) con spirito distaccato e sempre sovrano, che è alla fine anche umano e partecipe.
Manius Papirius Lentulus
[Dimenticavo l'Amen. E, cavolo, sono logorroico] :-(
esticazzi...
@Listener
Dear Listener, non sarai mica uno di quei liguri scampati alla 'bonifica' ...
Sai basta saperlo. E si si provvede con romana celerità ;-)
parlando tera-tera, la conclusione qual è?
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