01 marzo 2011

Il Maghreb spinge alle porte o era già qui da sempre?

La premessa è che vedo in questi giorni cose allarmanti.
Un'arroganza mai vista nel potere istituzionale, che fa di tutto per difendere se stesso.

Mi allarma ancora di più che in pochi siano allarmati.
Chi ha saltato il fosso perché conviene, chi da anni si culla nella mercificazione della mente e dello spirito critico, chi dice di aver ormai visto tutto e scuote le spalle, chi sconsolato sostiene che "vale tutto", chi ha la visione anestetizzata dalla propria scorza di cinismo.

Non invoco alcuna purezza, ma solo la libertà di essere preoccupato e cercare di immaginare di poter fare qualcosa.


Uno dei metodi tipici per deviare l'attenzione dai veri problemi, in questi giorni di rivoluzioni nel Nord Africa, è quello di inventare i "nemici" alla frontiera, il terrore dell'invasione islamica.

Oggi mi è capitato per caso tra le mani un libro di cui non conoscevo l'esistenza e che non esiterò a comprare appena possibile. Alan Lomax, L'anno più felice della mia vita. Un viaggio in Italia (1954-55), Il Saggiatore, 2008.
Alan Lomax è un celebre musicologo e ricercatore americano che passò un anno della sua vita in Italia per registrare le manifestazioni della musica popolare italiana. Girando con il suo registratore a nastro insieme all'etnomusicologo italiano Diego Carpitella, attraversò la penisola in cerca di testimonianze musicali.
Le sue registrazioni - che non si limitano al patrimonio italiano - sono celeberrime, fanno ormai parte dei patrimonio dell'umanità e sono state tra l'altro usate nella musica pop (vedi per esempio Moby, Play).
Un'ampia selezione di registrazioni può essere ascoltata qui.

Quello che non sapevo è che Lomax fosse anche fotografo. Il libro presenta una serie di splendide foto in bianco e nero scattate in molti paesi italiani che documentano in modo commovente le persone che popolavano l'Italia rurale degli anni Cinquanta.

Osservando queste foto mi sono venute in mente le immagini della Tunisia, dell'Egitto e della Libia di questi giorni di ribellione. Uomini e donne civili, attanagliati da una miseria atavica, vestiti di poveri vestiti, ma armati di grande dignità.
Scrive Lomax che gli italiani del mondo contadino di quegli anni sono uomini piegati dal lavoro duro, che solo nei giorni festa possono permettersi un bicchiere di vino, rarissimamente un piatto di carne. Un paese dove le donne, coperte da veli neri, hanno la proibizione di uscire da sole o incontrare altri uomini. O dove gli stili canori, soprattutto quelli del Sud, hanno melismi che davvero si confondono con quelli della musica araba.

Guarda Guarda.
Ma quello che descrive Lomax negli anni cinquanta è un paese islamico del Nord Africa o la cattolicissima penisola italiana?

Povera Italia, così immemore della sua condizione di soli cinquanta anni fa.