23 ottobre 2011

Maturitudine

Un collega dice che "invecchiare è una scelta".
Ho immediatamente sposato questa tesi ottimista e lieve.
Ma ha appena compiuto quaranta anni e percepisco una leggerezza nelle sue parole che tradisce una certa ingenuità.

E' da tempo che tra i miei tag figura la parola adolescenza, visto che l'osservazione dell'età dei miei figli stimola molte riflessioni soprattutto se messa in confronto con ciò che fu quell'età per me.
Ma non a caso ne è appena apparsa un'altra: maturità.

Il post precedente è solo un esempio di come questo passaggio segni un momento importante. 
Spesso è argomento di cui non si ama parlare. Lo faccio forse per contrastare con l'esorcismo della parola l'idea che questa compagna debba per forza essere molesta.

Evidentemente non a caso, qualche giorno fa, durante l'ascolto del Cavaliere della Rosa di Richard Strauss, sono rimasto colpito  dall'aria Da Geht Er Hin (conosciuta anche come il Monologo della Marescialla):




E posso rammentare una fanciulla, dal convento appena uscita, cui fu imposta la santa condizione delle nozze.
(prende lo specchio)
E dov’è ora?
(sospirando)
Sì, cerca la neve dell’anno passato.
(tranquilla)

Parlo così:
ma come può essere vero
che io stia stata la piccola Resi
e che poi sarò un giorno una signora vecchia...
Una signora vecchia, la vecchia Marescialla!
“Guarda là, passa, la vecchia Principessa!”
Ma questo come accade?
Come il buon Dio può farlo?
Io resto sempre uguale.
E se anche deve fare così,
perché egli vuole inoltre che io assista a tutto,
con mente così chiara?
Perché non me lo cela?
(sempre più piano)
Tutto è un mistero, un grande mistero, ed esistiamo per questo
(sospirando)
per sopportarlo.
E nel “come”
(con molta calma)
sta la vera differenza.

(...,)

Oggi mi sembra che io debba provare la debolezza di ogni cosa effimera,
giù in fondo fino all’anima,
che nulla si può stringere,
nulla si può serrare.
Che tutto si disperde tra le dita,
che scompare tutto ciò che afferriamo,
tutto si disfa come nebbia o sogno.

(...)

E’ il tempo, Quinquin, è il tempo,
che pure nulla muta nei fatti.
Il tempo, cosa strana,
Passiamo così i giorni della vita, e un nulla è il tempo.
Ma poi ad un tratto,
ecco, altro non  non sentiamo che lui.
E’ intorno a noi, è anche dentro noi.
Sui volti cola, cola nello specchio,
e scorre nelle mie tempie.
Ed è tra te e me, e scorre ancora,.
Silènte come una clessidra
(con calore)
Oh, Quinquin!
Talvolta io l’odo che scorre senza sosta.
(piano)
talvolta mi alzo nel mezzo della notte
e arresto tutti gli orologi, tutti.

22 ottobre 2011

A volte ritornano


A volte ritornano.
Li si rivede in città. Nella vita sociale. Un po’ timidi e inquieti. Il tempo ha loro segnato un po’ il viso.
Non che sia qualcosa di evidente o eclatante. Solo chi non li ha incontrati da tanto tempo lo noterà. Forse lo sguardo meno vivace di un tempo; certamente qualche capello in meno, le rughe più accentuate, una taglia in più.

Più dignitose le donne. Si curano con un’attenzione che tradisce la coscienza di un orgoglioso declino. Decise per forza genetica a non cedere alle lusinghe della plastica chirurgica che tanto devasta i labbroni delle loro coetanee inquiete.

Vestono vestiti più grigi i loro compagni uomini. Soprattutto se per pudore (o timore) non hanno mai vestito i panni casual del ggiovane.
Da un po’ hanno smesso lo spolvero e non si guardano con grande gioia nello specchio.
Le giovani donne per strada non li notano con la stessa curiosità di pochi anni prima e qualche volta si alzano per lasciar loro il posto in metropolitana, dando rigorosamente del lei.

Sono i genitori dei figli della tarda adolescenza.
Si potrebbe dire i genitori dei figli finalmente adolescenti. O dei figli purtroppo adolescenti.
Il genitore stesso non sa bene, non sa se rallegrarsene o se preoccuparsi.

Da una parte la prospettiva vertiginosa del tempo libero. Le mille nuove opportunità che ti offre la grande città in cui il destino lo ha condotto a vivere, i mille interessi che sa bene essersi solo sopiti e addormentati in questi anni, e che basterà poco a risvegliare.

Dall’altra un baratro di vertigine. Il figlio giovane che dava un’illusione di eterna giovinezza. Sarà tempo libero o tempo vuoto? Fare i conti con se stessi e con la sfida di un nuovo mondo che ti vede riapparire, dopo quasi vent’anni di pausa, come un Robinson Crusoe tornato alla vita “civile”.
Sarò capace?

Leggi nei loro occhi un’incertezza che non avresti notato solo qualche anno fa.
E non è solo l’avvilente situazione sociale di questi anni, il lentissimo ed esaperante declino del ributtante berlusconismo andato di pari passo con il declino intellettuale di parte del paese e con il declino economico della borghesia.
Non è neppure la certezza che il consumismo - cui pure ha contribuito con i suoi soldi - ha appannato il suo spirito critico e che qualcosa di profondo sia stato barattato tanto tempo fa con l’abbonamento Sky, la banda larga e l’auto aziendale.

E’ piuttosto la sensazione inquieta che si stia aprendo una nuova fase della vita.

Ma si badi che non è un UFO il nostro genitore di figlio adolescente.
Frequenta i suoi simili e parla spesso dei figli con i genitori degli altri figli. Con loro scambia occhiate trasversali, convinto che il vicino stia invecchiando peggio di quanto invecchi lui. Anche se alle riunioni di classe si guarda intorno sospettando a ragione che i molti decrepiti stanchi presenti siano molto simili a lui.

Non sa in verità quanto il figlio gli racconti di sé. Narra la cronaca che anche quelli che dicono di saperlo, in realtà si illudono, perché non lo sanno affatto; ed è anche cosciente che i genitori degli altri figli sanno probabilmente di suo figlio cose che lui stesso non conosce.

Loro, i figli, uno gentilmente, l’altro con le sue maniere, gli hanno fatto capire che la vita ora è solo loro. Lui l’aveva già capito da un pezzo. Quando non rispondevano al cellulare o quando ha scoperto che non era più loro amico su Facebook, cancellato in una notte.

Ritornano alla memoria gli innumerevoli week-end passati con i figli piccoli. Ricordi della loro risata critallina e felice ad ogni scoperta delle cose del mondo. Un uccello in volo, lo sguardo stupito, risate squillanti, il rotolarsi sul tappeto a fare la lotta. Energia ineusaribile. I ricordi più preziosi.
L’idea consolante di aver trasmesso la curiosità per il mondo e di averne temperato le durezze. Perché i figli con un’infanzia felice saranno uomini più probabilmente felici.

Questo e molto altro passa nella mente di un genitore che vede i propri figli crescere ragazzi quasi adulti.

Eppure a volte bastano due piatti come quelli della foto - posati su una tavola apparecchiata e ordinata con qualche frutto della terra in un giardino settembrino - per intuire che le prospettive che si aprono sono davvero “prospettive”: balconi con panorami e colori affacciati su mondo di opportunità, e non da soli.