27 settembre 2009

Digital Tableaux Vivants

Bruciato da precedenti esperienze al Palazzo Reale di Milano, temevo di assistere ad un altro show di opulenza mediatica e vuota tipo David La Chapelle.
Dopo quella infausta mostra di due anni fa – inno alla vacuità kitsch elevata all’ennesima potenza – cerco di diffidare degli artisti che usano i grandi nomi dello spettacolo per le proprie creazioni.

Non è il caso della bella mostra VOOM Portraits, dove le rappresentazioni visive di Bob Wilson fissano su schermi al plasma ad alta definizione dei “quadri viventi”, che propongono personaggi della cultura e dello spettacolo, uomini comuni ed animali.

Il protagonista di ogni video ritratto appare immobile, ma è il suo respiro a tradire la vitalità che traspare dalle opere. Altre volte compie azioni reiterate e simboliche, che possono essere riempite di significato da citazioni radicate nella storia della cultura, della pittura o dei media. Come l’irresistibile sguardo ironico di un impaziente Steve Buscemi, macellaio insanguinato di fronte al quarto di bue pronto ad essere sezionato.

Wilson sperimenta questa forma espressiva con il video analogico fin dagli Anni '60. Negli Anni '70 la TV tedesca ZDF trasmette in loop i suoi ritratti viventi al posto del monoscopio di fine trasmissioni. Oggi tutto è reso con grande efficacia e vividezza dall’alta definizione. La mostra è realizzata con il contributo della TV via satellite VoomHD che ha commissionato più di 150 opere. Un bel connubio di arte e tecnologia, a mio parere.

Quello che viene salvaguardato è l’umanità delle figure, dove persone normali acquistano una profondità quasi caraveggesca, come con il meccanico Norman Paul Fleming.

Mi piace immaginare di avere in casa uno schermo HD che riproduce questi tableaux vivants digitali, normale evoluzione del porta-fotografie digitale che va oggi a ruba nei negozi di elettronica di consumo.

Tra le opere, la più intensa di tutti mi pare quella di Wynona Rider, il cui viso immobile, incorniciato da una corona di splendidi fiori, osserva allucinato per circa quindi minuti le proprie ossessioni femminili ed erotiche - una pistola, una borsetta, uno spazzolino da denti - mentre il passare del tempo viene scandito dall’alternarsi di giorno e notte, in un’alternanaza cromatica lenta e mozzafiato.

L’opera è ispirata dall’agghiacciante Giorni Felici di Samuel Beckett, opera teatrale in cui una donna qualunque, sprofondata inessorabilmente nella sabbia, accanto ad un marito dal cranio sfondato, cerca di convincersi in un frenetico affabulare di vivere comunque una quotidianità bellissima e felice.

Wilson rilegge questa vicenda del Teatro dell’Assurdo con la freddezza del digitale, svuotandola dell’elemento angosciante e ottenendo un risultato molto alto.

Altrettanto bella Carolina di Monaco raffigurata immobile con un profilo nobile e fiero, in un bianco e nero che rimanda alla madre Grace Kelly nel film La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock.

Anche personaggi celebri come Brad Pitt riescono irresistibili quando, in mutande sotto la pioggia, sfogano la loro virilità con una pistola ad acqua.

Altri si spogliano di qualsiasi volgarità grazie alla stautuaria immobilità della loro bellezza, come la sensualissima Dita von Teese, costretta sadicamente (per lei e per noi) a stare immobile su un trapezio.

Finendo con le profonde rughe dello scrittore Gao Xionjian il cui viso scavato viene attraversato dalla scritta “La solitudine è una condizione necessaria alla libertà”.

20 settembre 2009

Giardini dell'anima


Mi piacciono le mostre che si concentrano su un momento breve ma definito della vita di un artista e cercano di restituire questo momento nella sua completezza. Le preferisco alle defatiganti mostre monografiche, di cui si ricordano poi solo schegge sparse e folle oceaniche.

La Mostra di Claude Monet sugli ultimi suoi anni (Il tempo delle ninfee, Palazzo Reale, Milano) presenta infatti solo 20 dipinti e in più permette di perdersi nella bellezza della natura, cosa che mi è stata molto gradita sull’orlo del baratro autunnale.

Monet amava massimamente dipingere la natura e aveva cercato di ricostruire nei giardini di casa sua a Giverny tutta questa bellezza.

L’immagine qui sotto mostra la pianta dei giardini, dove la parte lacustre (con il famoso ponte giapponese dipinto decine e decine di volte) era raggiungibile da un sottopasso sotto la ferrovia. Qui Monet si rifugiava, dedicando giornate intere alla riproduzione su tela della complessità cromatica dei riflessi di un ciuffo di fiori sull'acqua increspata da alghe multicolori.

Sorprendente è anche scoprire come l’iniziatore dell’Impressionismo, alla fine della sua vita (siamo alla fine degli Anni ’20), sia in grado di dipingere quadri di una densità cromatica che rimanda quasi (vedi immagine sopra) all’espressionismo astratto di molti decenni successivi.

Certo anche la mosta di Claude Monet si perderà nel sovaccarico informativo del 2009 forse, ma trascorrere qualche ora tra i colori trasfigurati di ninfee, canneti, glicini e roseti del giardino di Giverny è stato vivificante.

13 settembre 2009

Ma i funerali di Stato no...


E' da quando ho infilato il costume il 7 Agosto che non avevo un pensiero di sinistra.
Stavo molto bene, in realtà.
Ora, con il rientro, si stavano naturalmente riaffacciando.

Poi ho visto Veltroni ai Funerali di Stato di Mike Bongiorno.

I pensieri di sinistra sono di nuovo fuggiti.

PS La foto sopra la tengo insieme a quella di Vasco Rossi. La mostrerò ai miei figli quando mi chiederanno di iscriversi allo IULM.

12 settembre 2009

Panem et circenses

Episodio di metà agosto.

Mattina ore nove. Mi arrampico sul piccolo villaggio greco che guarda il mare dalla montagne, per comprare il pane prodotto dall’ultimo forno a legna della regione.

L’anziano panettiere sessantacinquenne mi chiede che lingua parlo, esausto del mio vano gesticolare per descrivere del pane integrale.

“Inglese, Italiano…”

Alla parola “italiano” si illumina e comincia a ridere sguaiatamente, urlando a tutti i clienti in coda dietro di me: “Italianoooo, Berluscooooniii… Ragazza, belle, giovane… Grande Presidente Itaaalia… Presidente Europaaaa….”

Lo urla ammiccando furbetto al vegliardo grosso e ciccione vicino al banco, che mi si avvicina anche lui tutto eccitato, mi guarda negli occhi e, mimando il gesto inequivocabile dell’ombrello, mi fa, complice: “Berluscooooooni…. Cazzo duro…!!! (espressione che, non so perché, tutti i greci conoscono)”.

Il penettiere incalza: “Berluscoooni, Italiaano, maaffia, Presidente Europaaa… Elisabetta Queen (mimando una inequivocabile pecorina)… tutte donne Europa… (pecorina di nuovo)”

A quel punto non posso che fare l’ironico “Eh sì, vabbé, why not president of the world and Universe…”

“Sììììììììì…. Presidente Mondo, tutte donne belle fotti!!!”

Tento un ultimo timido “Yes… but Viagra…”

“Viaaagra… (sempre più forte) Berluscooooooooooooni! Presideeeeeeeeeente!”.

Dimenticavo di parlare ad un vispo ultra sessantenne…

La scena è penosa. La coda dietro di me è ormai lunga. Tutti gli uomini ghignano, le signore sorridono timidamente chinando il capo, non so se vergognandosi di me o dei loro uomini.Sorrido, abbozzo, sogghigno anche io (cliché dell’italiano macho da difendere), faccio il simpatico, pago e me ne vado.

Un tempo eravamo famosi all’estero solo per Paolo Rossi e Roberto Schillaci. Celebrità pallonare a cadenza quadriennale. Oggi abbiamo altre celebrità.

Pensavo di aver capito cosa dicono i commentatori quando sostengono che Berlusconi, come un imperatore romano, mantiene il potere offrendo alla gente panem et circenses, il minimo che serve a vivere dignitosamente unito allo svago e al divertimento delle sue TV.

Invece è più semplice: con lui a capo del governo, mentre vai a comprare il pane ti capitano queste penose scene da circo.